sabato 11 giugno 2016

Le stelle / 2



Che non si vedano più le stelle è una tragedia. Che l'umanità faccia finta di nulla, è fonte di tristezza infinita. Ne parlavo anche qui.

Visto che non gliene importa niente a nessuno, tanto vale continuare in russo. Non vi meritate le notizie importanti.

Треть жителей Земли уже не могут посмотреть на ночное небо и увидеть там Млечный путь.

Большая часть мирового населения страдает от светового загрязнения, BBC Russian Service, 11 giugno 2016.

mercoledì 8 giugno 2016

Make it two-seventy



Da quando ho acquistato la bellissima maglietta qui sotto - Shepard Fairey, chiaro? - mi arrivano per email i messaggi di Bernie. Questo sopra è l'ultimo. Mi chiedono due dollari e settanta: io apprezzo, perché trovo self-evident che la rivoluzione non sarà in cifra tonda.

A me piace il sette, e mi domando se anche Bernie, come me, la sveglia la fissi sempre a un numero di minuti che finisce per sette. E se per dire un periodo breve, non dica cinque, ma sette minuti. E una probabilità elevata, non è nove su dieci, ma sette su nove. Del resto, i settanta centesimi che seguono i due dollari sono almeno un segnale che Bernie e io siamo sintonizzati sulle stesse sette lunghezze d'onda.

Mi immagino che nella war room della campagna elettorare vi sia stata una discussione di questo tenore:

Advisor: So, Bernie, how much are we going to ask?
Bernie: Uh, let's make it, dunno, let's make it, you know, something reasonable... 2 bucks 67.
Advisor: ... can we compromise a bit... I mean, you know, you always put the seven. It could be taken as a sign of, you know...
Bernie: A sign of what?
Advisor: ...
Bernie: Ok, make it two-seventy then.


(Oz, questa stupida storiella è per te, mentre in tanti ti pensiamo. In ogni caso, so che, sette su nove, la pensi come me)

lunedì 6 giugno 2016

Rigoletto e i cortigiani



Il mio coinvolgimento in una vicenda che sta avendo eco nazionale (beh, sono stato intervistato anche da Radio Uno: qui, dal minuto 24 e 20") ha varie conseguenze. Quelle spiacevoli, è che mi presenteranno il conto: non è bello, per tre mila colleghi scarsi, avere il vago sospetto che qualcuno stia suggerendo che finiranno all'inferno, girone degli ignavi. E poi ci saranno i conti "privati", ai quali risponderò come si confà. Ma ci sono delle cose che se non si fanno, si perde il rispetto per se stessi. E io invece di me voglio mantenere una discreta opinione.

Ma passiamo alle conseguenze piacevoli: sto conoscendo gente! Così per il Prof. Giovanni Neri, mai incontrato in vita mia, ma ho scoperto, primo, che esiste, e secondo, che ha un blog simpatico. Ed è un grande esperto di musica.

Della vicenda in questione, ha scritto per esempio qui, in un pezzo intitolato "Accademici: vil razza dannata". E cita una vecchia vicenda di storia universitaria:

"Quando il fascismo obbligò gli accademici al giuramento di fedeltà al regime in assenza del quale essi sarebbero stati licenziati solo uno sparuto plotone di “eroi” in tutta Italia (fra i quali Francesco ed Edoardo Ruffini, Fabio Luzzatto, Giorgio Levi Della Vida, Gaetano De Sanctis, Ernesto Buonaiuti, Vito Volterra, Bartolo Nigrisoli, Marco Carrara, Lionello Venturi, Giorgio Errera e Piero Martinetti) tenne la schiena dritta e si ribellò, dimostrando gli altri, se mai ve ne fosse bisogno, che anche i professori “tengono famiglia” e che “ognuno per sè e Dio per tutti”."

Parecchi anni orsono fui responsabile di un laboratorio dell'Università di Bologna dove si producevano applicazioni Internet. Ero orgoglioso di come andavano le cose: forse per primi, qui, utilizzammo un sistema integrato e coerente di project manajement. Imparammo molto. Anche le mie ore venivano ascritte ai diversi progetti, con un'imputazione virtuale (mi pare di ricordare ancora che "caricassi" 150 Euro al giorno), perché in realtà non intascai mai un euro. L'idea era che quel compenso "virtuale" del mio tempo dovesse poi pagare degli assegni di ricerca. Così in parte fu, e alla fine, quando per motivi che non sto a raccontare chiudemmo (inutile far polemiche dopo dieci anni, quando non le feci allora), lasciammo all'Università un gruzzoletto che mi pare non fosse lontano dai cento mila Euro.

Ma volevo dire un'altra cosa. Avevamo un buon numero di server, e la regola per i nomi l'avevo decisa io: ognuno si chiamava come quei professori che, non giurando fedeltà al regime fascista, seppero tenere la schiena dritta. E allora, avanti così.

sabato 4 giugno 2016

Confuso eclettismo



Sto scrivendo il capitolo di un libro collettaneo. Il titolo che ho scelto è "Gosssip, Reputation, and the Internet". L'idea di potermi presto fregiare del titolo di esperto in gossip (certificato da una molto prestigiosa casa editrice anglosassone) mi pone semplicemente in fregola.

Cercando una citazione dai Promessi Sposi, che ricordavo vagamente a memoria, mi sono ricordato di averne in casa una traduzione in inglese. Ho notato che la traduzione di Gutenberg è incompleta, ma la mia stampata, di Digireads, pare buona - anche se neppure rende noto il nome del traduttore. La riporto qui sotto, prima tradotta, e poi nell'originale. Dal Capitolo XI; è un brano significativo.

I Promessi sposi del Manzoni è uno dei pochi libri che ho letto più di una volta. Insieme a qualcosa di Philip Dick, a la Historia abreviada de la literatura portátil di Vila-Matas. Mi piace l'idea che questi tre autori in qualche modo stiano insieme nella mia testa. Dimostra un certo confuso eclettismo, no?


In inglese:

"One of the greatest consolation of this world is friendship, and one of the pleasure of friendship, is to have some one to whom we may entrust a secret. Now, friends are not divided into pairs, as husband and wife: everybody generally speaking, has more than one; and this forms a chain of which no one can find the first link. When, then, a friend meets with an opportunity of deposing a secret in the breast of another, he, in his turn, seeks to share in the same pleasure. He is entreated, to be sure, to say nothing to anybody; and of such a condition, if taken in the strict sense of the world, would immediately cut short the chain of these gratifications: but general practice has determined that it only forbids to entrust a secret to everybody but one equally confidential friend, imposing upon him, of course, the same conditions. Thus, from confidential friend to confidential friend, the secret threads its way along this immense chain, until, at last, it reaches the ear of him or the whom the first speaker exactly intended it should never reach. But some highly favoured men there are who reckon these blessing by the hundred, and when the secret comes into the hands of one of these, the circles multiply so rapidly that it is no longer possible to purse them."


In italiano:

"Una delle più gran consolazioni di questa vita è l'amicizia; e una delle consolazioni dell'amicizia è quell'avere a cui confidare un segreto. Ora, gli amici non sono a due a due, come gli sposi; ognuno, generalmente parlando, ne ha più d'uno: il che forma una catena, di cui nessuno potrebbe trovar la fine. Quando dunque un amico si procura quella consolazione di deporre un segreto nel seno d'un altro, dà a costui la voglia di procurarsi la stessa consolazione anche lui. Lo prega, è vero, di non dir nulla a nessuno; e una tal condizione, chi la prendesse nel senso rigoroso delle parole, troncherebbe immediatamente il corso delle consolazioni. Ma la pratica generale ha voluto che obblighi soltanto a non confidare il segreto, se non a chi sia un amico ugualmente fidato, e imponendogli la stessa condizione. Così, d'amico fidato in amico fidato, il segreto gira e gira per quell'immensa catena, tanto che arriva all'orecchio di colui o di coloro a cui il primo che ha parlato intendeva appunto di non lasciarlo arrivar mai. Avrebbe però ordinariamente a stare un gran pezzo in cammino, se ognuno non avesse che due amici: quello che gli dice, e quello a cui ridice la cosa da tacersi. Ma ci son degli uomini privilegiati che li contano a centinaia; e quando il segreto è venuto a uno di questi uomini, i giri divengon sì rapidi e sì moltiplici, che non è più possibile di seguirne la traccia."

venerdì 3 giugno 2016

L'auricolare degli altri



Il Senato accademico dell'Università di Bologna, pochi mesi orsono, ha sospeso per tre mesi una studentessa che "durante una prova scritta è stata sorpresa col cellulare e l’auricolare nascosto tra i capelli, fissato con nastro adesivo".

Il Prof. Luigi Guerra, pedagogista, membro del senato e direttore del dipartimento di Scienze dell’educazione, avrebbe affermato: "Senza infierire o essere crudeli, perché non serve. Ma dare un segnale è doveroso, non possiamo non muoverci in questi casi, sono comportamenti gravi. C’è chi si giustifica: lo fanno tutti. Chi tira in ballo l’illegalità diffusa nel paese. Ecco, proprio queste reazioni, come educatori, sono per noi inammissibili".

Io sono d'accordo col collega.

Truffe agli esami, due studentesse punite all'Università di Bologna, di Ilaria Venturi, La Repubblica, cronaca di Bologna, 30 marzo 2016.

mercoledì 1 giugno 2016

Il giorno della vergogna



Oggi, primo giugno, provo vergogna ad essere professore dell'Università di Bologna.

Post scriptum, 2 giugno 2016

In seguito alla citazione di questa pagina da parte della stampa, desidero precisare che la vergogna che provo non è conseguenza degli eventuali errori di un singolo, che mai mi appassionano, che non sta a me giudicare, e che non giudico: in nessun modo entro nel merito.

La vergogna che provo deriva dal constatare il fallimento complessivo e protratto nel tempo dell'Università di Bologna, in questo e in altri casi di legittimo dubbio sul rispetto delle più basilari regole di deontologia professionale da parte dei suoi professori.

Provo vergogna per l'Università di Bologna, il cui Rettore sino ad ora non ha voluto pronunciare parole chiarificatrici. Prof. Francesco Ubertini, da che parte stiamo? Non credi che sia Tuo dovere metterci la faccia? Altrimenti, se si mantiene il dubbio, come potremo guardare a testa alta i nostri studenti, ai quali chiediamo il rispetto delle regole?