lunedì 6 gennaio 2025

"Governance" e università: un interessante abuso linguistico

Una parola inglese si aggira per l’università italiana: “governance”. Si è molto diffusa negli ultimi anni e l’uso frequente merita attenzione per quanto rivela.

    Qualche esempio di questa moda linguistica. Un rettore recentemente ha scritto al corpo docente che ha “condiviso con la governance e con il direttore generale gli orientamenti che seguiremo per il futuro”. Si sente inoltre dire che una certa scelta riflette l’”orientamento della governance”, o che una professoressa, essendo delegata a qualcosa, fa parte della “governance di dipartimento”. Nell’università italiana, con governance si indicano quei professori che hanno responsabilità di governo di qualche tipo, vuoi in seguito a elezione (per esempio, i direttori di dipartimento, i membri del senato accademico, sino al rettore) vuoi in seguito a delega (per esempio, i prorettori, che sono nominati dal rettore).

    È un’adozione dall’inglese non necessaria, perché la nostra lingua dispone del termine “dirigenza”, di altri affini, e di duttilità abbondante per esprimere tutte le sfumature del comando, del governo, del potere, e dei meccanismi del suo esercizio. Con quale severità considerare il caso, nei termini sin qui descritti, dipende dall’opinione che si ha circa la responsabilità pedagogica dell’università, in particolare rispetto al buon uso della lingua.

    Ma è interessante altro: in inglese “governance” non corrisponde a “dirigenza”. Si riferisce ai modi di governo di un’entità, non alle persone che concretamente governano. Ad esempio, si può dire che una certa governance è più o meno orizzontale, inclusiva, o trasparente. Mai che un primo ministro “appartiene alla governance” di un Paese.

    Un uso simile risulterebbe incomprensibile all’estero. Infatti, a cercare su internet l’espressione “belongs to the governance”, tra i pochi risultati che emergono ne troviamo solo uno che corrisponde all’utilizzo affermatosi da noi: si legge nella versione in inglese del curriculum di un tal professore di un'ateneo nordestino. È un ingegnere, e potremmo allora ironizzare dell’ingegnosa università italiana che si è inventata una “governance” tutta sua. Per il gusto di affondare un colpo, potremmo attingere alla stagione d’oro del cinema italiano, menzionando l’Alberto Sordi dell’”Americano a Roma” che si crede poliziotto di Kansas City, ma è solo un tale Nando Mericoni che parla un inglese inventato: “lui vuol far l’americano”, cantava, in anni simili, Renato Carosone. Rimanendo al cinema, secondo Nanni Moretti chi parla male, male pensa, lasciando intendere che errori linguistici riflettono una confusione di pensiero più profonda. Tale critica sarebbe facile, ma non nobile, come non lo è il trarre soddisfazione dall’ignoranza altrui. Inoltre, i professori universitari italiani non sono generalmente ignoranti e conoscono l’inglese abbastanza bene. E però “governance” è un termine specialistico, anche se molto orecchiato: questo spiega la possibilità che, anche all’università, si sia potuto affermare un suo significato travisato.

    Constatare una possibilità è una cosa; spiegarne le ragioni, un’altra. E per tentare di spiegare, è necessario fare un passo indietro per osservare lo sfondo, il contesto insomma in cui a un certo punto si è preso a dire “governance” al posto, per esempio, di “dirigenza”. L’università vive una lunga fase avviata dall’ultimo tentativo di riforma maggiore, la “legge Gelmini” del 2010. Essa tentò di ovviare al tradizionale autogoverno accademico, giudicato inefficace, adottando forme di direzione più professionali, che in ogni ateneo avrebbe dovuto presidiare un potente consiglio di amministrazione. La riforma ha fallito e il vecchio autogoverno è rimasto, ma cambiando natura.

    I consigli di amministrazione contano poco, e in 60 atenei italiani (su 61) sono presieduti dallo stesso rettore, sia a rifletterne la centralità, sia a suggellare il fallimento del legislatore. Le uniche elezioni contese sono per il rettore stesso, che con un mandato che la legge fissa a ben sei anni è molto potente dentro l’università, ma risulta debole fuori. Non è infatti rieleggibile, e ambizioni future - carriera politica o incarichi non universitari ben retribuiti - consigliano una tessitura esterna attenta.

    Prevalgono forme di cooptazione, eventualmente a seguire elezioni in cui raramente il numero dei candidati supera il numero degli eletti. Segue che i professori, soprattutto se hanno qualche responsabilità istituzionale, vivono una dissonanza cognitiva che risolvono come possono. Il professore neoeletto al senato accademico, candidato unico, desidera ringraziare pubblicamente gli elettori “per la fiducia accordata” senza sentire imbarazzo. Allo stesso tempo, il professore di scienze politiche, che con l’occhio destro ha studiato la relazione che sussiste tra la concorrenza elettorale e la qualità della democrazia, desidera evitare al sinistro il dispiacere di constatare che, nel proprio ateneo, la democrazia si accende, e brevemente, solo ogni sei anni.

    In questa situazione, l'utilizzo di “governance” accorre in soccorso, perché utilmente nasconde, ed è un esempio di quel che George Orwell chiamò “bipensiero”: la capacità psicologica (e il desiderio) di accettare due credenze opposte come vere. Parlare di “dirigenza” porterebbe alla luce, attirando l’attenzione sulla pratica di governo e sulla verticalità del potere: chi dirige sovrasta coloro che sono diretti. Non così con governance, che è termine antico ma dalla popolarità recente, al punto che nel corpus dei libri di Google ha raggiunto per frequenza d’uso la parola “democracy”. E nel diffondersi ha assunto una certa sfumatura. Indica il modo del governo qualunque esso sia – per esempio si può parlare della governance di una dittatura – ma oggi tende ad accompagnarsi a descrizioni desiderabili ai più, e si parla di “governance inclusiva”, “partecipativa”, “sostenibile”, “equa”, eccetera. A causa di tali associazioni frequenti, parlando di governance e punto si lascia intendere che questa è orizzontale, moderna, e manageriale: esattamente come il legislatore richiese, ma a un’università maestra in quel che un noto studioso (pensando a certe tribù asiatiche) chiamò “l’arte di non farsi governare”.

    Se la “governance” è più a la page rispetto al governo di dirigenti obsoleti abbarbicati sulle vette del potere, questo non solo si spersonalizza ma diventa come inafferrabile. Infatti, se una certa scelta è “orientamento della governance”, si sottintende che è incontestabile, perché quel che è inclusivo, equo, sostenibile, moderno e manageriale, non può errare. E a ben vedere, per questa via, del potere si chiude il cerchio, se esso realizza un desiderio che non è moderno, ma antico e come primordiale: l’irresponsabilità.

Nota

Il dato che riguarda i consigli di amministrazione delle università italiane è tratto da Giovanni Barbato, Giliberto Capano e Matteo Turri. Un bilancio della riforma Gelmini. Solo in un cda su 61 il presidente non è rettore. Il Sole 24 Ore, 29 aprile 2024. Il “noto studioso” è James Scott, con riferimento al suo “L’arte di non essere governati. Una storia anarchica degli altopiani del Sud-est asiatico” (Einaudi, 2020). Ringrazio gli amici (tutti anonimi e nessuno dirigente) che, avendo commentato una prima versione di questo scritto, mi hanno permesso di migliorarlo.

Figure

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Nel 2024

 

Nel 2024 ho comprato una bicicletta. E' di un bell'azzurro e l'ho attrezzata con l'idea di farci dei lunghi giri, dormendo dove capita, quelle cose che piacciono a me insomma. Per ora l'ho usata quasi solo sopra i colli di Forlì. Dietro a Monte Poggiolo c'è un crinale sui calanchi. Quando passo, mi fermo sempre dove qualcuno ha messo una panchina rossa, e dietro si vede, in un campo, un cuore. Immagino che lo abbia disegnato il proprietario della terra col trattore. Nella foto si vede, mi lo si deve cercare bene.

Nel 2024 ho continuato quel che considero la mia esplorazione (turistica) di Turistopoli, sempre con l'idea che anche questo sia un progetto e che prima o poi ne uscirà qualcosa. Scelgo una fotografia per ciascun dei viaggi più lunghi.

A Bandung, nell'isola di Java, ho visitato il luogo dove si tenne la conferenza del 1955 - ora museo di quell'evento. A due passi c'è l'hotel Savoy Homann, un bell'esempio di Art Deco. L'architetto è Albert Albeers






















Se l'avessi, mostrerei anche la tartaruga che mi è aapparsa mentre nuotavo quasi a riva,  nella costa settentrionale di Bali. E anche le sanguisughe che mi sono tolto, sempre a Bali, in mezzo a una foresta che altri avrebbero evitato, ma non io. E la plastica, la plastica in mare e dappertutto. Se si è da quelle parti, a Bali è giusto andarci, perché le grandi capitali vanno sempre visitate. E Bali una delle grandi capitale è, di Turistopoli.

In Senegal ero al seguito di Cinemovel a mostrare "Io Capitano", il film di Garrone. Ne parla questo articolo de Il Guardian, con belle fotografie. Scelgo una foto mia, sabbia e polvere.













E' nei pressi del villaggio di Mérina Dakar, uno dei tanti luoghi dove si è mostrato il film. Se lo cerchi sulla mappa vedi che è proprio sperduto. Il viaggio in Senegal, attraversando poi il Gambia per arrivare in Casamanche, mi ha dato molto da pensare, e la solita voglia che mi è presa anche in passato, le poche volte che sono stato in Africa sub-sahariana: di tornarci.

Il 2024 è stato anche l'anno in cui ho pubblicato un libro nella cui copertina appaiono distanti le due torri del parlamento a Brasilia. Ho provato molto piacere, in agosto, a visitarlo, grazie ai buoni uffici di un'amica che ci lavora. 













La foto mostra, dal 23esimo piano, la "scodella" della camera dei deputati. Si intravedono anche delle persone che stanno lavorando sul tetto. Dietro si vede il palazzo Itamaraty, ministero degli esteri, anche lui di Oscar Niemeyer. Molti anni fa riuscì ad entrare anche lì. Mi sto trasformando in una specie di groupie di Niemeyer.

A Brasilia, in agosto, sono rimasto svariati giorni a lavorare, e poi ho visitato brevemente Salvador de Bahia, dove non ero mai stato.

Nel 2024 ho nuotato con due tartarughe. Oltre a quella incontrata a Bali, mi è capito che in settembre, non così lontano da una riva di Stampalia, mentre nuotavo ne abbia vista una che si muoveva placida pochi metri sott'acqua. Mi sono immerso per avvicinarmi, ci sono riuscito, ma poi lei ha preso velocità e si è allontanata. Tornando dalla nuotata forse due ore dopo l'ho rivista nella stessa zona. Speravo di incontrarla nuovamente nei giorni successivi e di farmela amica, e l'ho cercata, ma invano. Se dovessi scegliere una sola foto di Stampalia sarebbe però dei melograni maturi che raccoglievo e mangiavo mentre camminavo.

I tulou sono costruzioni, spesso dalla pianta circolare ma talvolta quadrata, che si trovano in Fujian. Questa pagina dell'Unesco ne parla e mostra alcune belle foto.

In alcuni tulou affittano stanze, come in quello della foto sopra. Lì, a notte fonda, ho conosciuto lo scarafaggio più grandi che abbia mai avuto il piacere di incontrare in vita mia (ma forse se la giocava con uno che incontrai una volta al Cairo). Da Xiamen a Guangzhou, poi Shenzhen e Hong Kong, ho cercato di capire qualcosa della Cina. Quel che forse ho capito è che sono molto avanti, e che in tante cose sono stati più bravi di noi.

Ho visitato brevemente Guadalajara, in Messico, a cavallo tra novembre e dicembre. Scelgo un mural di Orozco.

Si legge "libertà" e "riforma", e l'ho scelto per questo. Non andavo in Messico da molto tempo ed è stata una buona occasione per riprendere contatto con quel Paese.

Nel 2024 ho letto bei libri e ne ho in testa altri da leggere quest'anno, e il progetto avventato di imparare qualcosa del mandarino. Ma a parte qualche inezia così, non faccio mai piani per l'anno nuovo, dato che penso che le cose arrivino per conto loro se e quando ne hanno voglia. Posso prevedere che nel 2025 viaggerò meno rispetto all'anno terminato.

Proseguendo per il crinale che si trova oltre Monte Poggiolo si arriva a un bivio. Se si volta a sinistra, si scende per ripidi tornanti, da dove si osservano gli stessi calanchi di prima ma dal punto di vista opposto. 













Ho proseguito per la strada del Rio dei Cozzi - poche ore fa - sino a Terra del Sole e sono rientrato. Ho pensato che nel 2025, con la bicicletta azzurra forse farò giri più lunghi. Se capiteranno, vorranno farsi fare insomma.

giovedì 26 dicembre 2024

La distinzione

 

"In pensione a 70 anni nel settore pubblico", titola oggi La Repubblica. Andare in pensione più tardi di tutti, a 70 anni, è stata prerogativa di noi professori universitari. Anni fa, all'università di Bologna persino vi fu un contenzioso legale perché alcuni docenti volevano rimanere in servizio più a lungo (un tempo era possibile).

L'ultimo ventennio di mancato adeguamento dello stipendio è il riflesso della nostra diminuita influenza, politica e sociale. E ora tutti pretenderebbero di andare in pensione a 70 anni: che il resto dell'Italia (ostinata bolla autoreferenziale incistata nella grande realtà dell'università) cancelli anche questo nostro tratto di distinzione (conferatur Pierre Bordieu) è l'affronto finale.

domenica 8 dicembre 2024

La disuguaglianza nel lunghissimo periodo

 La disuguaglianza è cresciuta tra il tardo paleolitico e la fine dell'impero romano. La linea orizzontale a destra (indicata con G ​ = 0.695) "indicates the mean of 20 estimates of wealth inequality for the year 2000 from Davies et al. (2008))"

    Interessante la stima dell'indice di Gini, "based on the size of dwellings, the size of storage areas (where these can be identified), land ownership, and the value of goods buried with the dead."


In sintesi. Dal punto di vista tecnologico, non fu il neolitico in sé ad influenzare la concentrazione della ricchezza. Furono sviluppi successivi dell'agricultura, che portarono a maggiori utilizzi del capitale. Per esempio, "The o­x-drawn plow transformed what had previously been a ­land-abundant and labor-limited economy to one in which material wealth was scarce relative to labor."
   Parallelamente, processi di centralizzazione politica portarono alla formazione dei primi proto-stati, che a loro volta permisero alle elite, attraverso il monopolio della forza, di fissare nel tempo l'aumentata disuguaglianza. Contribuì inoltre la diffusione della schiavitù, ricchezza concentrata ed ereditabile.
   Un ultimo tema riguarda quel che potremmo indicare come l'accettabilità sociale della disuguaglianza, e il passaggio da una ideologia neolitica talvolta improntata a un "egalitarismo aggressivo", a una maggiore accettazione della disuguaglianza.

Fonte: Bowles, Samuel, and Mattia Fochesato. "The origins of enduring economic inequality." Journal of Economic Literature (2024). 62(4), 1475–1537

domenica 1 dicembre 2024

Feria Internacional del Libro de Guadalajara

Sono alla fiera del libro di Guadalajara, in Messico.  Ora capisco perché la si definisse "la piú importante dell'America latina". È grande, enorme, suntuosa. Ci sono incontri molto interessanti: per esempio con Mia Couto (qui sotto).


Sono arrivato a Guadalajara ieri. Mi hanno sistemato al diciottesimo piano di un bell'albergo a la piscina è sei piani sotto. Vi ho trascorso abbastanza tempo per riprendermi dal viaggio. Ieri vi ho incontrato un signore coi baffi e una certa pancia con il figlio, di sette o otto anni. Abbiamo fatto amicizia, e mentre io a fine vasca viravo non lontano da lui, lui si immergeva e mi salutava con la mano. Anch'io, a virate alterne, lo salutavo con la mano, prima di stendere del tutto il braccio, e siamo andati avanti così per un po'. Anche oggi sono andato in piscina e ho incontrato nuovamente padre e figlio. Si chiama Samuele ed è un bambino simpatico, e del resto fa simpatia anche il padre. Mi ha detto che è originario dell'Honduras, ma vive in California, a Salinas, che mi ha descritto come "la capitale della lattuga". Abbiamo parlato di California, citando luoghi noti a tutti e due. E poi di Honduras, di crimine, di traffico di droga e di armi. 

Post scriptum. Alla Feria del libro si è anche concluso qualcosa. Un bell'incontro, con tanta gente, a fare il punto del dibattito sulla corruzione e le politiche anticorruzione. Presenti Toby Mendel, Manuel Villoria, Robert Klitgaard, Mauricio Merino, Norma Julieta del Río Venegas, e Lourdes Morales.

Questo articolo menziona la tesi principale che ho proposto, che la giornalista definisce "provocadora":  "poco hemos explorado entre las causas de la corrupción, la función que ésta tiene como herramienta para gobernar, para generar consensos, para el mantenimiento del control político".




lunedì 18 novembre 2024

Aspettative razionali: una generazione perduta?

Uno dei vantaggi di avere a che fare con studenti è che si possono raccontare barzellette in classe approfittando della gentilezza e bontà loro, loro che sempre cercano di non mostrare facce disgustate e a volte anche accennano un sorriso.

La settimana scorsa, per rispondere a una domanda che riguardava l'efficienza dei mercati, ho riproposto quanto segue:

"Two economists are walking down the street and one of them notices what appears to be a $20 bill (or a $100 bill—the monetary amounts vary) on the sidewalk. “It’s not a real $20 bill,” the other economist declares. “If it were a real $20 bill, someone would have picked it up off the sidewalk already."

Di questa storiella esistono diverse varianti. Per esempio, io ho intrattenuto i miei studenti non raccontando della passeggiata di due colleghi economisti, ma di uno studente di dottorato con il suo relatore di tesi. Non per strada, ma per i giardini dell'università. E i dollari in questione non erano 20, ma 100. I miei studenti non hanno riso e neppure sorriso ma, come sempre, hanno mostrato molta educazione nei miei confronti.

Leggo ora, tra i "consigli di lettura" che Timothy Taylor scrive nel Journal of Economic Perspectives, di una intervista a Joseph Stiglits di Tyler Cowen (*)

"here’s Stiglitz on a 1980 paper written with Sandy Grossman: “The title of that paper was ‘On the Impossibility of Informationally Efficient Markets.’ It was an argument against the view that was held by people like Eugene Fama that markets were informationally efficient, that they transmitted efficiently all the information from the informed to the uninformed. We made the obvious observation that if that were the case, there would be no incentive for anybody to gather information. So the market
might be transmitting information, but it would be all free information. It would be information that nobody had done any work to collect. That idea, actually, in another context worries me very much today, that with Google and AI scraping so much information off of our newspapers, off of our podcasts, off of everything they can get a hold of, they’re trying to appropriate the value of the knowledge that’s
been created by other people without paying for it. If they succeed in doing that, of course, that will decrease the incentives for others to produce information of high quality and of value. It’s that kind of interaction that was at the heart of our 1980 paper, and the themes that we talked about there are still the critical themes that we’re talking about today.”

La mia generazione di economisti ci è cresciuta, con le aspettative razionali. Io persino dedicai loro la tesi di laurea. A lost generation?

Che Twitter se ne vada  non è poi male. Chissà che non sia una scusa per prendere più appunti altrove, per esempio qui.

(*) Journal of Economic Perspectives—Volume 38, Number 4—Fall 2024—Pages 229–236.

domenica 17 novembre 2024

Scrivere con l'acqua

 


Ci tornerò, su questo e su altri viaggi di questo anno che si conclude. Basti dire, per ora: quanta eleganza nello scrivere con l'acqua, per terra.

Così a Pechino domenica scorsa, vicino a piazza Tiananmen. Tian (天) significa "cielo" e rimanda all'idea del "mandato del cielo" (天命; pinyn: Tiānmìng;), che è centrale nel pensiero politico cinese. 

Apprendo che un momento chiave nello sviluppo di questa idea si sarebbe avuto col passaggio dalla dinastia Shang alla dinastia Zhou, in seguito alla vittoria militare di quest'ultima sulla prima. La decisione di agire sarebbe venuta nel 1059 a.C., osservando una rarissima congiunzione dei cinque pianeti principali. I Zhou avrebbero giustificato il loro attacco sostenendo che i Shang erano ormai corrotti e ormai privi del "mandato del cielo". Quante idee da approfondire, in sole poche righe.

domenica 20 ottobre 2024

Rethinking Corruption

Luciano Da Ros ha scritto una recensione su "Rethinking Corruption", uscito qualche mese orsono.

Siccome è molto generosa, la cito.

Taking corruption and anti-corruption seriously. Brazilian Political Science Review. 2024 (19)1

mercoledì 9 ottobre 2024

Querele insivibili


"I professori Lucio Picci e Alberto Vannucci hanno presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Campobasso evidenziando due articoli presentati al suddetto concorso"

Il riferimnto è questo.

E continua:

"Ritenendo la notizia del plagio falsa e lesiva della reputazione, Francesco Boccia ha dichiarato di aver presentato un esposto alla procura di Trani e, per conoscenza, a quella di Campobasso."

E il riferimento è questo.

Annunciare querele non costa nulla, anche se sono prive di fondamento.

A distanza di qualche anno, valga menzionare un fatto: o l'On. Boccia non ci querelò, oppure, se lo fece, la querela venne archiviata e gli eventualmente querelati non l'appresero.


giovedì 19 settembre 2024

Telecomandi

 Questa è la settimana dei telecomandi.

"Ramzan Kadyrov ha affermato che Elon Musk ha "disabilitato a distanza" il Cybertruck, che il capo della Cecenia sostiene che il proprietario della Tesla gli abbia regalato in agosto (Musk ha negato di aver fatto un regalo del genere). Secondo Kadyrov, l’auto si trovava “nel distretto militare nord” e stava “effettuando missioni di combattimento”, ma a causa del blocco ha dovuto essere “rimorchiata”."

Da Meduza.io: originale:

Рамзан Кадыров заявил, что Илон Маск «удаленно отключил» Cybertruck, который, как утверждал глава Чечни, владелец Tesla подарил ему в августе (Маск отрицал, что делал такой подарок). По словам Кадырова, автомобиль находился «на СВО» и «выполнял боевые задачи», но из-за отключения его пришлось «отбуксировать».

martedì 17 settembre 2024

James Scott

James Scott, morto recentemente, è una delle persone che più hanno influenzato il mio lavoro. Lorenzo McClellan gli dedica un bell'articolo su Dissent Magazine in cui ripercorre la sua traiettoria personale e intellettuale. Ne consiglio molto la lettura.

Più di dieci anni, mentre trascorrevo un periodo di ricerca all'Università di Yale, gli scrissi, pur sapendo che non avrei potuto incontrarlo perché mi era stato riferito che si trovava all'estero. Volevo però lasciargli una copia di un libro che avevo appena pubblicato e che conteneva considerazioni ispirate al suo bellissimo "Seeing like a state". Mi rispose cordialmente, e ne seguì un simpatico scambio epistolare. Si concluse con la speranza di trovarci, nelle sue parole, per "a meal and a good bottle of wine".

Non è accaduto e mi dispiace. James Scott apparteneva a quella categoria di persone rarissime, così riccamente sfaccettate da non potere non essere anche contraddittorie. Come emerge dall'articolo di McClellan.

The Omnivorous James C. Scott  Lorenzo McClellan, Dissent Magazine, 10 settembre 2024

domenica 25 agosto 2024

Elvis Costello e i suoi trentanove brani


 Ci informa Il Post che Elvis Costello compie 70 anni.

Quando vidi il suo concerto al Fox Theater di Atlanta ne aveva 28. Al termine di 4 (quattro) bis avrebbe cantato 39 (trenatnove) brani (questo il running order). Aggiungiamo l'opening act dei Talk Talk.

Il tutto, per $ 9,75. 25 centesimi a brano, con Talk Talk gratis.

Foto in alto: pubblicata l'indomani dal quotidiano locale. in basso, biglietto. "Da Internet", ma forse da qualche parte conservo ancora il mio. E sì, il Fox Theater era, e immagino ancora sia, "fabulous".


domenica 11 agosto 2024

Turistopoli a Bologna e la "musica del Sindaco"

 

E' accaduto che in un'"opinione" sul New York Times, Ilaria Maria Sala abbia molto criticato Bologna, affermando che è diventata un "inferno turistico". Che sia cambiata e, al pari di altre, sia diventata una città "a ciambella" di cui è meglio evitare il centro - il cosiddetto "quadrilatero" - è ben noto a chi ci vive. Quali conclusioni trarne, chissà. Le città di trasformano, e avere città col buco dentro è un fatto nuovo che potrebbe anche risultare interessante.

All'opinione tranchant espressa su un così fastidiosamente prestigioso quotidiano, il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha risposto piccato, affermando in buona sostanza che va tutto bene.

Nel breve video (in basso: per sfondo, il gran edificio del Comune) si ascoltano a tutto volume le prime note di una famosa canzone, ricordo di un'Italia remota. L'altro giorno, sabato 10 agosto, a mezzogiorno circa. Il "quadrilatero" di Bologna è da evitare anche per la musica assordante e spesso mediocre che l'allegro ottimismo di Lepore obbliga ad ascoltare. E' la "musica del Sindaco", perché basterebbe un'ordinanza che impedisca la musica amplificata e con "basi". Così non solo si rispetterebbe la libertà dei passanti, ma forse si creerebbe spazio per un'offerta musicale più ricca ed esperta.

Ma, penserà forse il Sindaco, quanto è pittoresca la vera musica italiana, gridata ai turisti volenterosamente in cerca dell'autentica Bologna e della mortadella identitaria. E qui a Bologna, e anzi proprio nel centro della ciambella, non solo va tutto bene, ma anche abbiamo il cielo in una stanza.


Ps. valga come appunto per "Turistopoli" (qui, qui, qui, e qui) che chissà, prima o poi, scriverò per davvero.

sabato 20 luglio 2024

Una intervista


Liz Dávid-Barrett mi ha intervistato per il podcast "Kickback". Si è parlato degli studi sulla corruzione e della necessità di "ripensarli". Qui sotto, su soundcloud:

Kickback: Lucio Picci on the need to rethink the current anti-corruption paradigm 

A dire il vero è già passata una settimana, ma col caldo io procedo molto a rilento.

Prof. Liz Dávid-Barrett  è la direttrice del  Centre for the Study of Corruption all'Università del Sussex.


sabato 6 luglio 2024

Il "server" Buonaiuti

 

Non conoscevo la storia di Ernesto Buonaiuti se non per un fatto. Fu uno dei pochissimi professori universitari che, nel 1931, si rifiutarono di firmare fedeltà al fascismo e per questo furono licenziati. 

Molti anni fa fui responsabile di un laboratorio all'Università di Bologna, che aveva un buon numero di "server", di computer che erogano servizi insomma, linux. Li feci chiamare coi nomi di quei professori. "Buonaiuti", per i miei collaboratori e anche per me, era un computer sempre acceso che, ronzante, faceva il suo lavoro.

Recentemente a Bologna il Cardinale Zuppi ha organizzato una messa in sua memoria, in una cripta, un po' segretamente. Del resto, ci racconta l'agenzia di stampa Adista (specializzata in cose di chiesa), Buonaiuti fu scomunicato e non è mai stato riabilitato. Non fu neppure riassunto all'università, dopo la guerra, per un inghippo legato al fatto che era cittadino vaticano, e che non ho ben capito (si cerchi la sua voce su Wikipedia, dalla quale emerge che era sicuramente persona interessante).

Una “riabilitazione criptica”: la messa di Zuppi per Ernesto Buonaiuti, di Eletta Cucuzza, 20 giugno 2024.