domenica 30 agosto 2015
Apeninos 2015
Il motivo principale che mi porta ad andare in montagna è che si può fare l'asino senza che nessuno, giù a valle, lo venga a sapere.
Gli ingegneri come Juan Carlos fan gli asini più di tutti.
Da soli o in compagnia.
In compagnia è meglio.
Anche moltiplicativi.
Questa foto non aggiunge nulla, ma a me ste cose divertono molto.
Potrei chiudere qui il resoconto dei 150 chilometri camminati dal 23 al 30 giugno scorso con gli amici spagnoli. E qui fermatevi, se vi interessa la sintesi. Ma c'è anche chi va in montagna per il panorama, per riflettere, e per altro ancora. A beneficio di queste persone, che non capirò mai, aggiungo allora qualche informazione e immagine, anche per dar testimonianza dell'esistenza di certi luoghi che, se non fossi io a raccontarveli, manco sapreste che esistono.
Sono partito che era ancora notte, in treno sino a Porretta.
E arrivato in pulman sino a Poggiolforato, che si trova sotto al Corno alle Scale.
La settimana precedente aveva piovuto, e la cascata del Dardagna era fragorosa e molto bagnata.
Cascata fragorosa, e crinale, sino quasi al Libro Aperto, nuvoloso.
Scendendo all'Abetone il cielo si è aperto e ho visto le pecore.
La sera sono arrivati gli amici, da Pisa e da Siviglia. La mattina dopo siamo partiti. Eravamo 17.
Abbiamo superato il Lago Santo di Modena.
Costeggiato montagne molto belle.
In fila, perché eravamo ancora all'inizio, e c'era come uno spirito di gruppo, o come si chiama.
Nell'immensità, eravamo piccoli piccoli.
La sera siamo arrivati a San Pellegrino in Alpe, un borgo con vista sulle Alpi Apuane. Un borgo dalle lenzuola pulite.
Il giorno dopo abbiamo proseguito, riprendendo il crinale al Passo delle Radici.
Abbiamo fatto nostro il Monte Prado. Quello col cappello da Pippo sono io.
Siamo arrivati al Rifugio Battisti.
L'elite del gruppo ha proseguito per il Monte Cusna.
Io c'ero.
Anche loro.
Qui vi saluto.
Al Rifugio Battisti abbiamo perso i primi due del gruppo, Pilar e Fernando, per sfinimento. Un modo così, affettuoso, per confermare la leggenda nera del gruppo.
Il giorno successivo, dal Rifugio Battisti, abbiamo proseguito verso il Passo del Cerreto.
Una tappa lunga, anzi, doppia.
A metà della Valle dell'Inferno, che è una pietraia infernale, ho sostato al bivacco Rosario. C'erano delle ragazze molto gentili che ci hanno offerto del vino. Avevo promesso che gli avrei spedito la foto, ma ho perso il taccuino dove avevo annotato il loro indirizzo. Ragazze, se mai vedrete questa pagina: scusatemi.
E' lì sul tavolo, al Passo del Cerreto, il taccuino che ho smarrito.
Sul bivacco Rosario devo tornare. Questo sono io che leggo un libro di preghiere, dentro al bivacco. E' una citazione della foto che segue.
Dieci anni fa, 6 agosto 2005, nello stesso luogo, nel corso di un altro giro (vedi qui).
Al passo del Cerreto abbiamo perso altri due compagni. E i ricordi si fanno confusi.
Al solito, abbiamo iniziato a perderci, e a salire dove non si doveva salire.
Antonio diceva che andava tutto bene.
Sono arrivate le prime visioni. Mary Poppins con l'ombrello.
Persi nella nebbia.
Il passo di Pietra Tagliata.
Infine, il riposo, al bellissimo lago di Monte Acuto, col suo rifugio.
La mattina siamo ripartiti, scendendo sino al lago Paduli, e poi, con una salita bestiale, riguadagnando il crinale. Eccolo.
Le nuvole sul crinale.
Una fatica sovrumana.
Ma c'è chi in certe situazioni rimane lucido, e mentre aspetta i compagni, più lenti, si dedica ad erigere mirabili costruzioni.
Il percorso che porta al Lago Santo di Parma è molto bello.
E al lago infine siamo arrivati.
Era una sera di luna, l'ultima insieme con gli amici, perché lì le strade si sono divise. Gli amici spagnoli si sono diretti a Pontremoli, e poi a Pisa.
Alle quattro di mattino, da solo, ho lasciato il rifugio.
Sono sceso dal versante parmigiano, o forse parmense, e all'alba ho raggiunto Bosco di Corniglio.
Luogo dal clero creativo...
... e dalla benzina superiore. In pulman sino a Parma, e poi in treno sino a Bologna.
Per contribuire a fare un dispetto a chi se lo è ampiamente meritato.
Il percorso è stato questo. Un po' tirato in certi giorni, ma nella mia esperienza, se non si fatica molto, non c'è espiazione.
Lingua di plastica
"Nei linguaggi artificiosi che dai mezzi di informazione traboccano nell’uso comune e nel modo di parlare che adottiamo, si possono identificare diversi meccanismi: uno molto frequente è l’impoverimento seguito all’adozione a suo tempo di formule alternative, figurate, metaforiche, ellittiche, a una data parola o espressione. Immagino che i linguisti l’abbiano studiata estesamente e seriamente (è il tema della Lingua di plastica, in parte), ma provo un’analisi terra terra da fruitore." (Luca Sofri, Dicesi vertice, 30 agosto 2015).
Con pochi euro (per un cavo HDMI) del televisore si fa lo schermo per computer. E i quotidiani di carta, al massimo, di sfuggita al bar.
E chi la pensa diversamente, per quel che mi riguarda vive nel Lato B e offre uno spaccato che fa discutere, forse un rebus, ma è vivo per miracolo e, io credo, comunque in stato avanzato di decomposizione. (La lingua di plastica
venerdì 28 agosto 2015
Accreditamenti futuristi
Che la Presidenza una volta mi abbia mandato a una cosa che si chiamava "Futur Show" contribuisce a spiegare come si sia arrivati dove si è arrivati.
L'avevo del tutto dimenticato (o rimosso).
E questo almeno contestualizza l'attuale crisi del giornalismo in Italia.
Stavo cercando una vecchia foto, che non ho trovato, e sono saltati fuori questi due cimeli, ed altri che conviene tornino nella scatola in cui stavano.
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