giovedì 26 maggio 2016

Emerito: un aggettivo problematico



In questi giorni sono impegnato a discutere questioni importanti di vita accademica, in seguito a certe decisioni di nominare dei "Professori emeriti". Sto ricevendo molte lettere, che mi fanno piacere, anche perché mi permettono di conoscere colleghi lontani e a volte di apprendere le loro storie. Ed è bello quando si trovano cose preziose che non si son cercate.

Un collega che non conoscevo (ma persino frequentammo, se pur in epoche diverse, lo stesso liceo forlivese!), mi ha segnalato un'antica lettera. In essa, il Prof. Quirico Filopanti chedeva al Rettore la nomina a Professore Emerito.


Onorevole Sigr. Rettore

Io sono stato professore straordinario di Meccanica applicata nella nostra Università dal 1860 al 1864, non avendo io accettato la nomina a professore ordinario alla medesima cattedra, della quale il Re ed il Ministro Mamiani avevano voluto onorarmi. Sono poscia stato interpolatamente libero insegnante, ed incaricato dal Comune, di consenso dell’Università, del medesimo insegnamento. Tutto ciò non mi darebbe diritto al titolo ufficiale di Professore emerito: ma io inoltre fui professore ordinario di Meccanica e d’Idraulica nella stessa nostra Università durante gli anni 1848 e 1849, per regolar nomina del Governo Pontificio dietro pubblico concorso ed esame, con tacita conferma del susseguente governo Repubblicano. Sembra a me che questa carica possa darmi onesto titolo a figurare nel novero dei professori emeriti della Nostra Università, come vi figurano ad egual titolo il professor Gherardi ed altri.

Amo di attribuire a tutt’ altra cagione che ad illiberale esclusivismo politico l’omissione del mio nome negli ultimi annuarii dell’Università; ma spero che Ella, onorevole signor Rettore, e la dotta facoltà di Matematica, vorranno risparmiare a me ed ai professori Respighi e Chellini, i quali sono pure sotto questo rapporto in condizione simile alla mia, la ripetizione di ciò che debbo considerare non come un intenzionale affronto ma come involontaria dimenticanza. Non ho bisogno di ricordare che oggi mai dovrebbe figurare nello stesso novero dei professori emeriti il prof. Beltrami il quale, egualmente che il Respighi ed il Chellini, è stato uno de’ miei successori nella cattedra da me occupata nel biennio 1848, 1849.

Mi pregio di rassegnarmi con verace e distinta stima

Onorevole sigr. Rettore
Il suo dev.mo

Q.G. Barilli Filopanti.

Bologna 3 Novembre 1873


La copia della lettera si trova presso la Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, Fondo Cappellini b. LIII, fasc. 12, 4 lettere, e qui si trova digitalizzata.

martedì 17 maggio 2016

Bliss



Seduto in poltrona dietro la scrivania lancio un aeroplanino, che con un volo lento e leggermente cabrato atterra in equilibrio perfetto sul bordo della libreria, e lì rimane.

Ritiro la mano che ha lanciato, osservo quel miracolo in equilibrio e rifletto. Mi rendo infine conto, ed è un'illuminazione, che questo è il risultato di tanto travaglio, che questo è il frutto dei molti studi: ho finalmente raggiunto la piena maturità accademica.



lunedì 9 maggio 2016

L'uomo nuovo



"L'intero mercato è destinato a cambiare e con esso anche la mentalità dei lavoratori italiani. Dobbiamo abituare la gente che l'istruzione sarà molto più lunga e costosa, le assunzioni a tempo indeterminato molte di meno, i tempi di lavoro più lunghi, i pensionamenti verranno posticipati. Le riforme non hanno solo un fine economico, ma anche e soprattutto sociale perché servono a modificare la mentalità lavorativa degli italiani". (enfasi mia; intervista di Filippo Taddei a L'Espresso, 28 luglio 2015).

Altri desiderarono cambiare gli italiani, col fine di cambiare l'Italia - e viceversa. Nel Risorgimento ci si pose il problema del "fare gli italiani", e più tardi, il comunismo necessitava dell'"uomo nuovo". Con le sue istituzioni, il fascismo, che non per nulla si credeva rivoluzionario, volle rinnovare una razza che si desiderava virile e obbediente. E per Mussolini la guerra non aveva solo un fine militare ma, esattamente come con le più pacifiche riforme di Taddei, doveva servire per modificare la mentalità degli italiani.

La fine tragica del fascismo portò ad abbandonare e anzi a vedere con sospetto certe velleità, al punto che in tutta la storia repubblicana si faticherebbe a rinvenire simili auspici, per così dire, meta-politici.

A scanso di equivoci, non sto surrettiziamente associando Filippo Taddei a nulla che assomigli al fascismo. Mi limito ad accusarlo di hubris. E' che c'è Verdini in maggioranza... ma Taddei, ma chi credi di cambiare?

mercoledì 4 maggio 2016

Formattiamo?



"Facciamo le cose che possiamo fare che è formattare il pc ...tanto hai un po’ di tempo per farlo eh.. non c’è ancora l’aggiudicazione". Così a Lodi, dove per l'assegnazione dell'appalto delle piscine il sindaco Simone Uggetti (PD) è accusato di turbativa d'asta.

A Bologna le aste per le piscine non è necessario "turbarle". Ieri mi hanno spiegato che esisterebbe una specie di cartello per la "gestione acqua" tra tutte le società interessate (Sogese, ovvero Uisp, in testa). Alla luce del sole, intendo.

Bologna è una città molto consociativa e sostanzialmente corrotta - dove ovviamente utilizzo il termine nella sua accezione ampia, e senza far riferimento al reato di corruzione.

In alto, la nuova copertura della piscina olimpionica dello Stadio, a Bologna. E' stata inaugurata recentemente in vista delle elezioni, ma ancora manca qualche passaggio in vista dell'apertura. La piscina è chiusa da più di dieci anni, ed è stata soprannominata la "Salerno- Reggio Calabria" di Bologna. Vi sono stati sprechi enormi, e non risulta che i responsabili abbiano pagato in alcun modo.

Arrestato il sindaco Pd di Lodi per irregolarità negli appalti per due piscine comunali, La Stampa, 3 maggio 2016.

domenica 1 maggio 2016

Esaurire Madrid



Ho un'affinità con il situazionismo, e ammiro Georges Perec, che una voltà tentò di esaurire un luogo parigino registrandolo ossessivamente per ben tre giorni. Provo per lui anche la simpatica dovuta a chi era così disordinato con le sue carte, e indeciso su cosa buttare.

Ma la mia pratica di esaurimento dei luoghi, sperimentata e affinata, non ha nulla di situazionista. Al contrario di Perec, i luoghi io li esaurisco non certo fermo immobile, ma in vorticoso movimento. Diversamente da Perec, e questo conta, mi muove un fine non estetico, ma eminentemente pratico.

Mi sono fermato a Madrid il mese scorso, all'andata e al ritorno da un viaggio, e ho registrato i movimenti nel corso di due giornate e mezzo. Madrid è una grande città ma se vi percorri a piedi settanta chilometri, ti rendi ben conto che esaurirla è possibile: tutto quel che potresti desiderare vedere, prima o poi, ti capita davanti casualmente. Cammini, e dici, "toh, la sede della Real Academia". "Guarda un po', Calle Génova. La sede del Partido Popular". E così via.

Non sei più tu che cerchi nella città, ma è la città che trova te.

In questo modo, ho calcolato che il centro di una grande capitale può essere esaurito con una marcia di una cinquantina di chilometri. Per esaurirne la periferia, si dovrebbe arrivare grosso modo a duecento chilometri, oppure sono necessari dei compromessi. Per esempio, a Madrid volevo vedere coi miei occhi quel che fu la Ciudad lineal, il progetto urbanistico interessantissimo di un visionario, Arturo Soria. Per questo, ho dovuto realizzare una lunga deviazione dal centro - la grande asola della mappa qui sotto. Sapevo che quell'area è stata fagocitata dalla città, e che non avrei visto nulla di notevole. Ma non importa, volevo esaurire anche la Città lineare.

Che cosa si esaurisce, camminando. Da quando leggo di architettura e di urbanismo, lo spazio ha acquistato un'altro motivo di interesse e un'altra dimensione. Le città hanno più strati, a saperli percepire.

Una domanda alla quale non so ancora rispondere, è se in una escursione singola si possano visitare contemporaneamente più strati di una città. Temo di no, o che almeno vi sia un limite. Le implicazioni sarebbero preoccupanti: ponendo infatti che una capitale disponga di cinque strati, e che gli strati siano percepibili uno alla volta, per esaurire il suo centro sarebbe necessario camminare per circa duecentocinquanta chilometri, e per farsi un'idea anche delle periferie, stiamo parlando di mille chilometri a piedi.

Se così stessero le cose, l'esaurimento di una città, da salutare camminata, diverrebbe un'attività dai tratti forse patologici.