In seguito a lamentela ministeriale si è avuta una querelle sulle guerre puniche (vedi foto). Provando per esse un certo affetto, l'ho presa un po' sul personale.
Questo è un utile ripasso: Lezioni di Storia / Quello che il ministro Cingolani potrebbe imparare dalle guerre puniche, di Galatea Vaglio.
Mette l'accento su diverse questioni importanti: per esempio, il ruolo che giocò l'innovazione tecnologica - tema che al ministro, se non altro per dovere isttuzionale, dovrebbe esser caro.
Annoto un paio di questioni ulteriori. Primo, l'aspetto strategico, di cui si tratta in un bel libro di Basil Henry Liddell Hart che lessi anni fa, Scipio Africanus: Greater Than Napoleon (*). Liddell Hart fu un militare e teorico di strategia militare. All'indomani del disastro strategico che fu la Prima guerra mondiale combattuta in trincea, lui ed altri si interrogarono su come condurre la guerra in modo diverso. Fu in questo contesto che per esempio nacquero le teorizzazioni sull'uso autonomo della forza aerea (a produrre, poi, quell'altro tipo di orrore che sarebbero stati i "bombardamenti strategici"). Liddell Hart in particolare si concentrò sull'idea di "approccio indiretto": se A vuole conquistare B, non seguirà la linea diretta, "a la Clausewitz", ma passerà per C. E così studiò Scipione, che giudicò esemplare di tale punto di vista strategico.
E poi, consiglio la lettura di Polibio, di cui in calce riporto un'antica analisi di quel che oggi chiameremo un processo di globalizzazione.
Studiare le guerre puniche insomma serve: per ragionare di strategia, di innovazione tecnologica e, si veda sotto, di globalizzazione. E inoltre, l'Italia in un certo senso vende le guerre puniche al mondo, considerando l'importanza del turismo internazionale "culturale": si deve conoscere il proprio prodotto, sia per piazzarlo, sia per innovarlo - per aumentarne il valore aggiunto e per renderlo più sostenibile.
Non sono sicuro che il dibattito scaturito dalla presa di posizione del Ministro Cingolani sia servito. Certo, ha indotto a "ripassare" le guerre puniche, che male non fa. Forse, ha permesso di argomentare, correttamente, che la contrapposizione tra saperi è improduttiva. Ma non mi pare che sia servito a Cingolani e al suo ministero, che avrebbero un interesse a promuovere altre discussioni. Perché l'attenzione del pubblico è limitata, e va utilizzata e indirizzata con cura.
Ora, Polibio.
“Anteriormente a questi avvenimenti le vicende delle varie parti del mondo erano per così dire isolate le une dalle altre, poiché i fatti erano tra loro indipendenti quanto ai piani, alle conseguenze, ai teatri di attuazione. Dopo questi avvenimenti invece la storia viene a costituire quasi un corpo unitario, le vicende dell’Italia e dell’Africa settentrionale si intrecciano a quelle dell’Asia e della Grecia e i fatti sembrano tutti coordinarsi a un unico fine” (Polibio, Storie, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1955, p. 5.)
E si veda inoltre, a p. 218. “Ai giorni nostri, invece, in Asia per merito della conquista di Alessandro, negli altri luoghi grazie al dominio dei romani, quasi tutte le regioni sono divenute accessibili, per mare o per terra: gli uomini d’azione sono liberi, ormai, dall’ambizione della carriera militare o politica, quindi dispongono di ogni possibilità di dedicarsi allo studio e alla ricerca”.
Riportando questi brani (in questo libro, p. 199) aggiungevo: "Il giudizio di Polibio sulle mutate motivazioni dell’agire umano, e sulle conseguenti ricadute positive di queste sulla ricerca scientifica e sulla produzione culturale, era forse eccessivamente ottimistico, ma indubbiamente moderno. Polibio descriveva un “uomo nuovo”, non pressato dall’ambizione e dalle esigenze economiche e per questo in
grado di dedicarsi alla fruizione e alla produzione di beni immateriali. Quel che oggi chiameremmo un prosumer, metà tra producer – l’attività di ricerca – e consumer – lo studio. Sul concetto di prosumer,
si veda l’opinione di Derrick de Kerckhove, Derrick de Kerckhove, The Skin of Culture: Investigating the New Electronic Reality, Somerville, Toronto, 1995; trad. it. La pelle della cultura. Un’indagine sulla nuova realtà elettronica, Costa & Nolan, Genova, 1996. Anche de Kerckhove, come Polibio, è assai ottimista."
(*) Titolo originale: A Greater than Napoleon: Scipio Africanus; W Blackwood and Sons, London, 1926; Biblio and Tannen, New York, 1976)