E' un pio desiderio, se penso agli Stati Uniti, anzi, a quell'America della quale Allen Ginsberg scrisse, "I’ve given you all and now I’m nothing."
E' un pio desiderio, che l'America sia come in numerose occasioni m'è parsa, propensa ad esagerare per poi a correggersi. Confrontato con gli eccessi del maccartismo, Joseph Welch infine sbottò, e nel corso di un'audizione parlamentare a McCarthy sbatté in faccia il suo famoso:
"Have you no sense of decency, sir, at long last?"
E per il maccartismo fu l'inizio della fine, e per l'America, della redenzione: gli anni '60 non lontani, i diritti civili.
Ricordo la televisione accesa in un hotel da qualche parte negli Stati Uniti, verso la fine del 1998, a raccontare con insistenza infinita dell'indagine di Kenneth Starr in seguito alla relazione dell'allora presidente Clinton con la Lewinski. Un'insistenza esagerata e senza sosta. E anche allora vi fu poi una reazione, e se Clinton non finì benissimo, forse Starr terminò peggio (nel team di legali di Trump, tra l'altro). Fu lì, davanti a quella televisione, che sviluppai la mia teoria delle esagerazioni americane, seguite da qualche forma di redenzione.
Potrei continuare menzionando altri episodi di storia americana, ma so bene che la mia teoria è dubbia, come lo sono tutte le interpretazioni storiche che presuppongono una qualche forma di "carattere nazionale". Forse anche l'America ormai "is nothing". Ma almeno si spera che gli attuali eccessi siano da osservare insieme a quelli precedenti, e non raccontino invece del colpo di coda di un'esperienza statuale ormai pervasa da uno spirito revanchista. Che, nella storia, non ha mai portato del bene a nessuno.