lunedì 22 giugno 2020

Un sentimento keynesiano e morfogenetico

"L'obiettivo di lungo periodo potrebbe essere la costruzione di un sistema esperto, in grado di scegliere tra modelli alternativi in base alla loro capacità previsiva"

Così si chiudeva, a pagina 248, la mia tesi di laurea (relatore, il Prof. Guido Gambetta), che ho riaperto letteralmente dopo decenni. Oggi tutti a sbracciarsi sull'intelligenza artificiale e il machine learning: so yesterday!

Ci sono parti gustose. Per esempio: 

"La scelta del modello, quindi, se da un lato è da intendersi come una precisa scelta di campo - mi sento più keynesiano che altro - contemporaneamente è derivata dal volere percorrere strade ben conosciute - la sintesi neoclassica - senza avventurarsi in "esoticismi" neo-neoclassici che avrebbero complicato il problema in modo pericoloso."

Si rinviene persino un "esercizio di controllo ottimale", anche se "per limitare il costo, sono state condotte solo quattro iterazioni, senza che la convergenza venisse raggiunta".

Insomma, cercai di moderarmi (per come riesco), ma un volta laureato l'Ing. Dario Sermasi, direttore del centro di calcolo, mi informò che per l'utilizzo in remoto del loro IBM 3090 (per i tempi, una gran macchina) il Cineca aveva presentato un conto di oltre 700 mila lire. Fortunamente non me li chiesero.

Usai un algoritmo, il Fair-Taylor, che iterava moltissimo. Concettualmente, per risolvere il modello in un certo momento doveva risolverlo per il futuro infinito. La mia non fu una tesi, ma un abisso del pensiero.

L'idea di inscatolare tutto quell'infinito iterare dentro a un sistema esperto, che quindi iterasse su iterazioni infinite, in un certo senso introduceva un meta-abisso. O un meta-meta-abisso, se anche si considera la nota 10 di pg. 127, che spavalda dichiarava: "E' forse possibile pensare, almeno da un punto di vista concettuale, ad un algoritmo che si prenda carico, oltre che della fase di stima e di soluzione del modello, in qualche modo anche di quella di specificazione. Si otterrebbe così un modello morfogenetico"

Senza mai dimenticare (nota 4 di pg. 144) che "malgrado tutti i Piero Angela, la scienza non è neutrale".

(Affermazione che, credo, non troverete nella tesi di laurea di Roberto Burioni). Non so se mi rendessi conto allora che implicavo un ulteriore possibile "inscatolamento", lungo diverse traiettorie epistemologiche... con un esito, come chiamarlo? morfo-morfogenetico, forse.

Se a me oggi si presentasse uno così, gli farei cambiare tesi o, meglio, relatore.

martedì 16 giugno 2020

Four Scores and Seven Years


Post scriptum 30 ottobre 2021: son riemerse (nella mia testa, almeno) le vignette di Gary Larson. Sono incappato in quella dedicata al Gettysburg address, che non conoscevo, e l'ho aggiunta. L'umanità si divide in due categrie, riguardo a Larson, e dispiace per gli altri.

Mi attende una giornata complicata, con diverse riunioni non del tutto ancora preparate. E con cosa mi sveglio in testa? Il Gettysburg Address di Lincoln - 19 novembre del 1863, nel bel mezzo della guerra civile.

Quando non ho tempo, il mio cervello (che vive tutta una sua vita adolescenziale e molto diversa dalla mia, da adulto professionista) è bravissimo a farmi perder tempo.

Apprendo che del Gettysburg address esistono più versioni, tra loro leggermente diverse. E' il testo che qualunque "negro" vorrebbe aver scritto: brevissimo e prospettico, dall'occasione contingente comunica il significato dell'oggi, che ha le radici nella propria storia, e le necessità del domani. E' semplicemente perfetto.

Un giorno mi rimetterò a fare il "negro" e anch'io imparerò a scrivere così bene.


Gettysburg Address (*)

Four score and seven years ago our fathers brought forth, upon this continent, a new nation, conceived in liberty, and dedicated to the proposition that all men are created equal.

Now we are engaged in a great civil war, testing whether that nation, or any nation so conceived, and so dedicated, can long endure. We are met on a great battle field of that war. We come to dedicate a portion of it, as a final resting place for those who died here, that the nation might live. This we may, in all propriety do.

But, in a larger sense, we can not dedicate we can not consecrate we can not hallow, this ground The brave men, living and dead, who struggled here, have hallowed it, far above our poor power to add or detract. The world will little note, nor long remember what we say here; while it can never forget what they did here.

It is rather for us, the living, we here be dedicated to the great task remaining before us that, from these honored dead we take increased devotion to that cause for which they here, gave the last full measure of devotion that we here highly resolve these dead shall not have died in vain; that the nation, shall have a new birth of freedom, and that government of the people, by the people, for the people, shall not perish from the earth.

Abraham Lincoln
November 19, 1863

"Named for John G. Nicolay, President Lincoln's personal secretary, this is considered the "first draft" of the speech, begun in Washington on White house stationery. The second page is writen on different paper stock, indicating it was finished in Gettysburg before the cemetery dedication began. Lincoln gave this draft to Nicolay, who went to Gettysburg with Lincoln and witnessed the speech. The Library of Congress owns this manuscript." 

domenica 14 giugno 2020

Effetto doppler

Apprendo ora che grazie all'effetto Doppler si può misurare la velocità dei venti da un satellite. A me una notizia così mette di buon umore.

The UV laser transmitter [...] emits short and powerful pulses of UV light towards the atmosphere, which is then reflected by the molecules and particles that move under the action of the wind at different altitudes. By measuring the wavelength of the return laser light, the instrument can calculate information relating to the wind speed. It is a totally innovative approach in measuring the wind from the space.

Prodotto (almeno in parte) in quelle che erano le Officine Galileo, ora Leonardo.

Aeolus: transforming the accuracy of weather forecasting. Leonardo, 11 giugno 2020.


mercoledì 10 giugno 2020

Il Piano Colao

Non ho letto e non leggerò il Piano Colao. Mi sovviene però che "Colao" è andalusismo per "colado", dal verbo "colar(se)". Che significa, secondo la Real Academia:

colar(se). ‘Pasar [un líquido] por un utensilio para quitarle las partes sólidas’, ‘introducir(se) a escondidas o sin permiso en alguna parte’ y ‘equivocarse’.

"Se ha colao" si dice, per esempio, di uno che va a una festa senza essere stato invitato. Qualcosa che non c'entra e che è superfluo.

Quando si crea una task force (anzi, se ne crearono ben sette), nel costruire una simbologia del tutto svincolata dalla realtà anche un cognome partecipa alla cabala, e per questo ci vorrebbe attenzione.


sabato 6 giugno 2020

Decostruendo la logica spaziale

Ho terminato di leggere The Spatial Logic of Social Struggle di Nikolaus Fogle. E' un bel libro ed ha abbattuto due piccioni. Primo, il mio interesse per le rappresentazioni spaziali, dovuto forse al mio ragionare che è perso nelle distese intergalittiche situate tra Giove e Andromeda. Secondo, il tentativo di conoscere meglio il pensiero di Pierre Bourdieu, al quale nell'ultimo anno ho dedicato abbastanza tempo.
Il quinto capitolo del libro è dedicato a un'analisi critica dell'architettura decostruttivista (la fase dopo il postmoderno: quel che è andato di moda nell'ultimo ventennio, da Koolhas a Eisenman, passando per le forme di Gehry e gli spazi della Hadid). E' vero, essa non incide nei rapporti di dominanza, e senz'altro proporre una via d'uscita basata sugli straniamenti del decostruttivismo filosofico francese al massimo è un trucco salottiero - salottiero, come lo sono i decostruttivisti francesi. Ma gli architetti lavorano per chi li può pagare: ci si può attendere altro? 

Vedo poi un rapporto con gli straniamenti in campo linguistico di Viktor Šklovskij, di cui parla Paolo Nori nel suo bel "I russi sono matti" (Utet, 2019). Šklovskij, del resto, apparteneva all'ambito dei costruttivisti sovietici, ai quali i decostruttivisti si richiamano: questo penso mentre bevo un caffé nella tazza adornata dallo "spezza i bianchi col cuneo rosso" di El Lissitzky (nella foto impossibile qui sopra), perché anche il caffé deve essere a tema col ragionamento. 

 Cito da Nori: 

"Quando prendo in mano una penna per la milionesima volta, non mi accorgo nemmeno del peso, che ha la penna, non mi accorgo nemmeno di che materiale sia fatta"

Con l'arte, "che si serve di due procedimenti: lo straniamento delle cose, e la complicazione della forma, con la quale si tende a rendere più difficile la percezione e a prolungare la durata", si può invece guardare una penna con uno sguardo diverso e quasi con sorpresa e meraviglia. E questo gli architetti decostruttivisti tentano coi loro edifici, per uccidere quel "senso di distrazione" nei confronti dell'architettura che ci circonda di cui scriveva Walter Benjamin.

venerdì 29 maggio 2020

The Big Lockdown of 2020


Ieri ho visitato una libreria che si trova in Via Mascarerella. Fu dove venne trascinato il corpo di Francesco Lorusso morente in quel tragico marzo del 1977. Verificando il ricordo di quel fatto ho scoperto che con Lorusso era presente anche tale Beppe Ramina. Ero studente quando venne a intervistarmi a casa: lavorava per Radio Città del Capo e grazie a quell'intervista vinsi un biglietto per un concerto di Zyggy Marley, figlio di. Mi fermo, perché non era questo che volevo scrivere. Solo aggiungo che la libreria che ho visitato ieri sera, prima di un aperitivo lì a fianco, è bella e vi tornerò con più calma.

Ma la storia è importante, e forse per l'ispirazione del luogo, mentre bevevo ho sostenuto che ognuno dovrebbe scrivere un paragrafo (non di più) su come ha reagito al lockdown. Chi poteva prevedere come avrebbe affrontato un evento epocale che non ci eravamo mai immaginati concretamente? Insieme, tutti quei paragrafi racconterebbero sia di ciascuno di noi, sia di tutti noi.

A me per rispondere bastano due righe: "ho osservato la mia vena anarchica non solo emergere, ma prender il controllo quasi fosse un dèmone" (qui). 

Siccome sono un tipo multimediale che non si ferma alle parole, ho anche prodotto un'opera artistica che riassume la mia "fase uno", e che pubblico ora a distanza di qualche settimana e avendo superato una certa forma di pudore al riguardo. Raffigura la distanza percorsa e il dislivello accumulato, dato che correvo e camminavo in collina. Nelle mie fantasie, ovviamente, che chi mi conosce, conosce come lussureggianti.

E' un esempio di arte concettuale, in cui l'aspetto grafico e performativo si fondono in una sintesi - ovviamente solamente immaginata e onirica - di cui sono (come si capisce) molto orgoglioso. E vi è anche un giudizio politico, perché ogni pandemia è inevitabilmente politica.

Avevo messo in preventivo un paio di multe, ma mi è andata bene: in otto settimane ho risparmiato circa 25 mila Euro (anche loro onirici e come del Monopoli). Il giorno in cui mi fermò una pattuglia di una nota amministrazione statale, mentre correvo, finì in chiacchiere.  Anzi, si produsse un aneddoto certamente immaginario, ma non per questo mene divertente e istruttivo, che però solo riferisco su richiesta e oralmente. 

Con la pandemia ho chiuso: questa è sintesi, riassunto e conclusione, e passiamo ad altro - o almeno, proviamoci (anche se lei, la pandemia, rimarrà). Qui sotto, un elenco di quel che ne ho scritto, cercando lucidità, che è qualità particolarmente elusiva osservando qualcosa che forse un po' vagamente mi sentivo - c'erano segnali, d'accordo? - ma che certo non posso vantarmi d'aver previsto.

In: Se tutti facessero come te (19 marzo) inizio ad affrontare il problema del coordinamento e dei modelli alternativi a una domesticità ossessiva.

In: Abbiamo un problema coi dati (20 marzo), Il “modello ping-pong”: perché col coronavirus stiamo sbagliando (21 marzo) e Mito e cerimonia ai tempi del coronavirus si legge la mia critica al governo. Dopo due mesi la riscriverei uguale.

Shifting Involvements (11 aprile) e Nobody ever notices such things (16 aprile) sono cronache dal sentiero Bologna-Taranto.

In Il lockdown del 2020 (4 maggio) l'inversione della "fase 1" con la "2"; in Yogi Berra e il coronavirus (9 maggio), testimonio la fuga sui monti.

C'è giusto un'altra questione che avrei voluto affrontare: il significato di purificazione rituale (un po' nello spirito del Purity and Danger di Mary Douglas) dell'"Io resto a casa". Laddove, viceversa, un modello alternativo consiste nell'incamminarsi tutti lungo direttrici radiali divergenti. L'adempimento formale a una regola opera uno spiazzamento nei confronti del soddisfacimento delle esigenze espresse: è un tema che mi interessa anche per altri motivi. Ma ora non ho ne' il tempo ne' la voglia di occuparmene e nel caso, in futuro aggiornerò questa pagina riassuntiva.

Ma ora è il momento di proseguire oltre. Oltre Taranto, chessò.

martedì 26 maggio 2020

Rotoballa Surfing




Molti anni fa a La Jolla Shores c'era un ragazzo con una skimboard: la lanci verso l'acqua bassa lasciata da un'onda che si ritira e poi ci salti sopra.

Parlammo un po' e mi fece provare: i primi tentativi furono molto dolorosi perché è come  saltare su una saponetta. Ricordo che alla fine all'incirca vi riuscì.

Ora sto cercando di padroneggiare l'arte del Rotoballa Surfing, che è una mia invenzione.

La rotoballa è più stabile rispetto a una skimboard, e per salirci sopra ho già sviluppato una mia tecnica. Credo che prenderà piede.

venerdì 22 maggio 2020

Nomi


Forse è per i nomi, come la valle del Randaragna, ieri nel tardo pomeriggio, dalle Tre croci.


Oltre, già in Toscana, c'è la valle dell'Orsigna. Orsigna richiama all'orso, che una volta era presente. Quelle sono le luci, ieri all'imbrunire. Tiziano Terzani frequentava Orsigna e ne scrisse sul Corriere della Sera.

Ero partito da Grangalione che eran quasi le sette di sera. Era molto tempo che non camminavo da solo in montagna al buio. Che errore: è importante camminare da soli al buio in montagna. Se non lo si fa, non si capiscono tante cose.


Si vede Venere e la sagoma del Corno alle Scale, dal Poggio dei malandrini. Era ormai buio ma ancora camminavo con la luce spenta. E' quasi possibile camminare al buio. Quasi. E poi il buio vero ormai non esiste più, purtroppo.


Il bivacco del rifugio del Montanaro. C'erano due ragazzi prima di me e mi han lasciato il fuoco acceso e anche le candele.


Questa mattina ho ripreso il cammino poco dopo le sette. Mi fermo sempre a guardare il massiccio del Corno da questa posizione. Io qua sono affezionato a tutto, ma a questo tratto di sentiero, che scende dal Montanaro giù per la foresta del Teso, lo sono particolarmente.


I torrenti sono gonfi d'acqua. Sapevo che avrei dovuto guadarlo a piedi nudi. L'acqua era gelata.


Non ho parole per descrivere la gioia di questi sentieri il mattino. Apposta sta mattina mi son partito così presto, perché sapevo bene per dove sarei passato. Si vede il Cupolino, che sembra proprio una piccola cupola. La salita è severa ma bella.


E qui sono in cima al Cupolino, che sovrasta il lago Scaffaiolo. Davati a me, in lontananza, si vede il Cimone. Il cippo segnava il confine tra Legazione pontificia e Granducato di Toscana. Qui ho pranzato.

Ho proseguito e sono salito sino alla del Corno alle Scale. Poi, lentamente, sino a Granaglione, ma poco importa.


Importa che in cima al Cupolino mi sono steso e ho fotografato il cielo.

Tra ieri e oggi, in meno di 24 ore, 45 kilometri e una notte su un tavolo. Forse, è una rincorsa ai nomi che si incontrano: Randaragna, Orsigna, Passo della nevaia e Poggio dei malandrini (dal quale si osserva la Pedata del diavolo. Cupolino, Corno, Porta Franca e Monte Cavallo: è una toponomastica tutta da calpestare.

mercoledì 20 maggio 2020

Aracataca, Colombia


Ale mi incolpa di essermi dimenticato di spedirgli le foto di Aracataca, e anche di altre dimenticanze. Di Aracataca son rimaste poche immagini.


La casa-museo di Gabo, in gran parte ricostruita.

Le strade impolverate battute dal sole.


Una controra di arsura.

Ragazzini delle scuole, in piazza, con cui parlammo. La foto s'è persa all'aeroporto di Madrid.


Un bus tutto scuro per tornare sulla costa.


Io che bevo una birra, ma si era già à Ciénaga, e da lì si proseguì per Barranquilla e Cartagena.

Ci volle quasi un giorno intero, Ale, per visitare il caldo impolverato di Aracataca, pensando: si, come Macondo, ci stà.

lunedì 18 maggio 2020

La Repubblica, La Mantide

In questa settimana tanti sono delusi e quasi rattristiti per causa degli sviluppi "automobilistici" del quotidiano "La Repubblica".

Con la Repubblica chiusi trenta anni fa e ricordo il perché. Per gli articoli in cui Giliola Guerinoni era chiamata, così, proprio come se quello fosse il suo nome, "la mantide":

Il Memoriale della mantide, di Enrico Bonerandi, La Repubblica, 7 luglio 1989.

Ci dovrebbero essere un criterio minimo. Altrimenti poi ti si disfa tutto davanti agli occhi, anzi, è come una mantide che divora se stessa.

(*) Il caso di Giliola Guerinoni (Wikipedia).


venerdì 15 maggio 2020

Rotte indorusse e altri disvìi

Non ho mai visto "Slumdog Millionaire", ma so che vi aveva una parte (credo non importante) Irrfan Khan, che è morto recentemente: ho ascoltato un servizio su NPR, e una sua intervista di Terry Gross. Racconta tra l'altro di quando da ragazzino pensò di andare a far televisione e salì su un monte dove c'era un ripetitore, per presentarsi, perché credeva che i programmi si realizzassero lì dentro e in cima alla montagna. Mi piacciono le idee assurde su come funziona il mondo che hanno la forza di imporsi: un po' come le mie, se non fosse che sono già giuste.

Il viaggio in India in febbraio (qui) fu l'analogo di andare a sbattere contro a un muro. Non posso dire che avevo previsto il coronavirus, ma a un certo livello, che non potesse durare a lungo lo sapevo bene. Onestamente, che altrimenti non sarei andato.
In India, quasi sempre immerso nella folla, pensai che là il coronavirus sarebbe stato un bel problema. Sembrava che così non dovesse essere, ma oggi a Mumbai la situazione è critica:

"Hospitals are overflowing with the sick. Police officers are exhausted enforcing a stay-at-home curfew. Doctors say the biggest enemy is Mumbai’s density".


The New York Times, 14 maggio 2020.)



Sto trascorrendo la giornata confrontando le versioni che si sono succedute nel tempo dell'Art. 290 del codice penale della Federazione Russa - dalla sua prima versione, del 1996, ad oggi. Poi dovrò reperire il codice precedente, che era il УК РСФСР - codice penale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. E' del 1960, con successive numerose modifiche.

Lo permette facilmente questo sito. Shota mi ha aiutato, in "zoom", da Mosca, e in seguito bonariamente e signorilmente ha corretto una piccola selezione dei miei errori di russo. Gli ho risposto che mi spiace molto per Pushkin: ti inventi una lingua così bella, e poi t'arrivano i barbari. 

In febbraio non andai a Mumbai. A Mumbai passai in due occasioni distinte tanti anni fa. 

E' ben possibile che stia perdendo tempo non solo in questa occasione, ma approfittando d'ogni disvìo. O che ci sia un muro a un livello più alto e ad intercettare anche le rotte indorusse, per quanto esse passino molto di lato. Non mi interessa invece se nasconde qualcosa l'enorme edificio con le antenne elevisive che si trova su uno dei colli del Parco del pellegrino, che ho frequentato assiduamente negli ultimi mesi di divieti. Già si occupò di un caso analogo Irrfan Khan, ma soprattutto è stagione di ciliegie mature e arrampicarsi sugli alberi del parco richiede tempo.

sabato 9 maggio 2020

Yogi Berra e il coronavirus

Yogi Berra, il grande giocatore di baseball nato a St. Louis (ma di famiglia lombarda) era noto per i suoi "yogismi". Tra questi:

"Nessuno va più in quel ristorante perché è troppo affollato".

Trovo che sia una riflessione pertinente per ragionare del presente:

"Fase 1, strade deserte: si doveva uscire. 
Fase 2, tanti in giro: si deve stare in casa"
(Yogi Berra apocrifo)


Ho svolto l'attuale "fase due" al posto della "uno", e ora oscillo tra quest'ultima (chiuso in casa) e la "tre": molto lontano ed evolvendo il concetto di "ufficio mobile" (nella foto, l'altro giorno).

La realtà è che la "fase due" degli altri mi preoccupa. Prima era, "tutti a casa" e "dagli al runner"; ora, "liberi tutti" (o molti). Trovo che siano due versioni della stessa idiozia.

E' interessante prender nota di come ognuno sta reagendo alla pandemia. Io, pensando al bellissimo Seeing like a state di James Scott, ho osservato la mia vena anarchica non solo emergere, ma prender il controllo quasi fosse un dèmone. Sono fortunato a vivere in un Paese con tante montagne (e colline, anfratti, e parchi pubblici) dove nascondersi - senza dar fastidio, e senza essere infastidito.

lunedì 4 maggio 2020

Il lockdown del 2020

Ieri ho terminato la fase 2 del lockdown. Ho voluto rappresentare le ultime otto settimane - dal 9 marzo al 3 maggio - con un'opera grafica che a me pare molto bella. Anzi, è proprio un grafico, prodotto con Stata, che è un programma per l'analisi statistica dei dati. Non lo pubblico: dopo quasi due mesi così domestici ci sono tante persone comprensibilmente depresse e innervosite che non capirebbero il senso di quel che ho fatto. E invece un senso ce l'ha.

Oggi sono indeciso se iniziare la fase uno - chiudendomi in casa, e insomma invertendo la uno con la due - oppure la tre, operando un salto in avanti che però non esclude, a momento dato, di svolgere la uno al posto della quattro.

Mi sto occupando poco delle pandemia, che sto riducendo e banalizzando a un esercizio di conteggio cabalistico. Ognuno reagisce a suo modo; spero però che in tanti, ora che è permesso, escano e vadano a camminare nei parchi, a correre e a prendere il sole. Distanti gli uni dagli altri, che è questo l'importante.

PS. se vi interessa il grafico della fase due, e mi promettete che siete rilassati, contattatemi in privato. E' stato un gran lavoro, multicolore ma con tanto verde, lungo otto settimane.

giovedì 30 aprile 2020

Speriamo che tengano i freni



Ci voleva il coronavirus perché Massimo si decidesse a far qualcosa di utile. Settimane fa ha sistemato le foto di un viaggio di 11 anni fa (la "vuelta" da Sevilla).

Ma sta migliorando: mi invia ora un video del novembre 2015. Da Gondar a Addis Abeba, in bus, con anche crociera sul Lago Tana. Il passaggio del Nilo blu è a 6'50'' (l'iniziale auspicio ai freni è per quello, perché la discesa è impegnativa). E alla fine si canta e si balla.

PS. Primo maggio: Massimo ha addirittura organizzato le foto del viaggio in Etiopia.
E più interessante ancora è la storia suo nonno, che combatté in Etiopia: "per chi fosse interessato a vedere come lo Stato può rovinarti la vita."

lunedì 20 aprile 2020

Il "modello ping-pong", un mese dopo

Oggi sul Corriere della Sera Margherita de Bac, a proposito del numero di infetti da coronavirus che diminuisce, ma molto lentamente, racconta che gli "esperti avevano aspettative più alte".

E in particolare Giovanni Rezza, del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, conferma "che l’attenzione va spostata tra le mura domestiche dove i contatti sono molto ravvicinati e possono caratterizzare «la coda dei casi»."

Esattamente quanto supponevo un mese fa esatto, qui: Il “modello ping-pong”: perché col coronavirus stiamo sbagliando".

Ma l'Italia era accecata dal pensiero del "tutti a casa" come soluzione catartica, e a Roma v'era un encefalogramma piatto, oggi ben condito dal florilegio di task force.

(Task force: se c'è di mezzo un termine in inglese, la fregatura è assicurata: ricordate la spending review? vedi qui e qui).