lunedì 27 maggio 2013
Il numero di Bologna: 11,7
Se io facessi parte dell'oligarchia moralmente corrotta che governa e fa affari a Bologna, non mi preoccuperai tanto per la sconfitta al referendum per la scuola pubblica - per il deludente 41%, insomma.
Mi preoccuperei molto di più per la scarsa affluenza - lo stesso alibi che in queste ore i dirigenti cittadini stanno accampando per scrollarsi di dosso la sconfitta.
Il numero che guarderei con molta preoccupazione è 11,7. E' la percentuale di elettori che la più grande coalizione di potere apparente che questa città abbia mai visto è riuscita a mobilitare per la sua causa. Non lesinando impegno.
Se fossi l'Arcivescovo di questa città, Carlo Caffara, in quel numero leggerei l'incapacità di convincere ad andare a votare persino chi va a messa. I fedeli non ascoltano i loro parroci e neppure il loro Arcivescovo.
Nulla di nuovo, si dirà: quarant'anni orsono vi fu il referendum sul divorzio e l'Italia di svegliò secolare e post-cattolica. Son passati 40 anni, ma i rapporti con la Curia, o il Vaticano, sono definiti in termini antichi: chi ha pretese di governo dà soldi e accetta i divieti stabiliti (matrimonio gay, fecondazione assistita) e qualche scampolo di una visione del mondo pre-conciliare, per ricevere in cambio, se il prezzo è ritenuto giusto, uno sguardo benevolo o almeno non ostile.
Se fossi credente giudicherei offensivo un tale scambio mercantile che, inter alia, costituisce l'ingranaggio essenziale del patto fondativo del Partito Democratico. Non sono credente, ma ho un'opinione diversa della religione cattolica, che è insultante ridurre alla somma "soldi + divieti". Ieri molti cattolici, non votando o andando contro le indicazioni di voto dei parroci e dell'Arcivescovo, han dimostrato di essere migliori cristiani di loro. E di avere un rapporto con le questioni di fede non mediato dalla gerarchia, che è poi l'essenza del discorso: sono secolari, post-cattolici e, verrebbe da dire, quasi protestanti. Per eresie analoghe in passato finì abbastanza male.
E se fossi nel Sindaco Virginio Merola, leggendo quell'11,7%, telefonerei a Sergio Cofferati per apprendere la strada per Bruxelles, dove il nostro ex-sindaco approdò al termine di un pessimo primo mandato. Perché se qualcuno si metterà in testa di fare una lista civica, con criterio, spirito inclusivo, e con un candidato anche solo discreto, Merola sarà sconfitto. Perché ieri abbiamo appreso che il "mercato politico" di Bologna è ora molto aperto.
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