domenica 25 agosto 2013
The Truman Show
Io il Truman show lo capisco. Quel che non mi fa dormire sono i miei colleghi universitari che leggono i quotidiani italiani e si fanno prendere dal gioco. Alcuni ci scrivono, e pazienza. Lo dico con rispetto e indulgenza: siccome qualche soldo non fa schifo a nessuno, se anch'io scrivessi per qualche quotidiano finirei per far finta di crederci, forse soprattutto con me stesso. Ma la cieca ostinazione degli altri è davvero inspiegabile. Ma che problema hanno, considerato che sanno almeno l'inglese e potrebbero informarsi altrove? Per forza devono fare ciao-ciao con la manina?
Colleghi! Siete intellettuali, dovreste essere liberi! Salite quella scala e uscite: credetemi, la fuori potrete rifarvi una vita.
Riporto integralmente da Luca Sofri (qui).
"Al Post ci orientiamo sulle notizie e cose che accadono nel mondo seguendo molte fonti differenti, tra le quali ci sono ovviamente anche i maggiori quotidiani di ciascun paese. Quando più di un quotidiano di uno stesso paese apre la prima pagina con una storia, mettiamo in conto che quella storia sia laggiù importante e ce ne informiamo per capirne di più rilievo, solidità e implicazioni e se valga la pena raccontarla.
A volte capita che in un altro paese il governo sia a rischio di crisi: le prime pagine lo dicono, lo spiegano, e con l’aiuto di un po’ di verifiche si riesce a capire la dimensione di questo rischio. Di solito è fondata, e la crisi arriva davvero; qualche volta – come con le accuse in Spagna contro Rajoy di un paio di mesi fa – ci sono confronti istituzionali e la crisi rientra, ma in ogni caso una nuova storia da raccontare c’era, qualcosa è successo.
Oggi abbiamo provato a immaginarci redattori di un Post fatto, che so – in Germania, in Belgio, in Delaware – che scorrano le prime pagine italiane per capire cosa succede alla politica italiana. Se usassimo lo stesso criterio e lo stesso giudizio, concluderemmo che sta per cadere o il governo, o il rischio è serio. Lo avremmo concluso tre mesi fa, e due mesi fa, e un mese fa, e una settimana fa, e sei giorni fa, e cinque, e quattro, tre, due, e ieri e oggi. E domani, naturalmente.
Invece no: a un certo punto ci saremmo resi conto che il metro adottato con i media degli altri paesi – se una possibilità è sostenuta con molta forza, ci sono buone probabilità che si realizzi, o che qualcosa sia successo – in Italia non vale. E probabilmente se ne sono resi conto davvero, in Germania, in Belgio, in Delaware: infatti l’imminente caduta del governo italiano non trova spazio da nessuna parte sui giornali locali. Hanno scritto della condanna di Berlusconi e poi sono entrati – come diciamo di certe notizie al Post – in modalità “chiamateci quando avete finito”. Ci hanno preso le misure.
Per questo, vorrei aggiungere alla normalità della Germania, del Belgio, del Delaware, quella dell’Abruzzo, e creare qui un monumento al titolista ignoto, l’unico normale in un paese che funziona secondo regole assurde ma accettate da tutti, titolista che giovedì – come il bambino che dice il re è nudo – sul Centro ha scelto il giudizio più esatto e sfinito sulla situazione politica (e mediatica)."
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