domenica 21 aprile 2019

Pietroburghese frazionario



Ho terminato di leggere Вся кремлевская рать di Михаил Зыгарь ieri, nel momento in cui l'aereo atterrava a Malpensa. Si ho impiegato molto tempo, ma avevo altro da fare e il libro supera le 400 pagine. Che è un bel libro l'ho già scritto.

Qui sopra c'è un'intervista (del 2016) all'autore, Zigar, che era direttore del canale TvRain.ru. Racconta di come gli tolsero le frequenze (ora sono solo su Internet) in seguito a un programma "sfortunato". Formularono la domanda: "Sarebbe stato meglio abbandonare Leningrado ai tedeschi per salvare vite umane?", e si scatenò il putiferio - un putiferio strumentale.

Ma soprattutto dice, circa, in questo momento in Russia il giornalismo non interessa, ed è più utile occuparsi di progetti sulla storia - nel suo caso, ora, sul 1968.

Tra chi a vario titolo negli anni scorsi si impegnò per cambiare la Russia, in questi anni di chiusura dai tratti autoritari sono in corso strategie diverse. Chi è divenuto "collaboratore" (vedi il caso di Maria Baronova), chi è andato all'estero, chi ha cercato strade diverse - tra questi, Zigar.

L'altro giorno Alla mi ha ha detto che a suo avviso si possono dire San Pietroburgo tutte le persone che la conoscono e che le vogliono bene. Del resto, mi ha ricordato, la città è morta e risorta due volte, con grandi movimenti di popolazione: dopo la guerra civile, e dopo la seconda guerra mondiale (sotto, Wikipedia). Anche la grande crisi degli anni '90 vide una contrazione importante della popolazione. Insomma, ben pochi sono pietroburghesi da molte generazioni.

Nel 2003 andai per la prima volta a San Pietroburgo, dove in tutto ho trascorso circa tre mesi della mia vita: secondo il criterio di Alla, sono anch'io un pietroburghese. Se pur, come tutto quel che mi riguarda, solo frazionarmente: che è è poi l'unico modo per essere tutto, obiettivo inevitabile per ogni individuo ragionevole come me.


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