Ero con mia madre nel minuscolo terrazzino dell'appartamento "Gescal" dove vivevamo. Io ero in piedi, e mia madre l'avevo di fronte: accovacciata, stava sistemando delle piante di fiori.
Il terrazzino è ancora lì. Nella foto dal satellite si intravede una parabola che allora non c'era. Era chiuso da un vetro che inglobava una rete di metallo, e dal marciapiede facilmente si poteva salire, scavalcare quel vetro, ed entrare. Ma questo è un ricordo successivo, dell'epoca in cui già mi arrampicavo dove non dovevo.
All'Apollo 13 si era dunque rotto un serbatoio, e io dissi a mia madre, che stava travasando, o chissà forse piantando geranei, ma non potevano farlo più resistente quel serbatoio? per esempio di cemento, di ferro?
Non ricordo cosa mi abbia risposto mia madre, e siccome è qui con me gliel'ho chiesto. Non ricorda il mio ricordo. Ma me ne ha menzionato un altro che invece non ricordo io.
Immagino pochi giorni dopo il 20 luglio 1969, quando ci fu il primo sbarco sulla Luna, eravamo al mare. Al mare voleva dire, in Romagna sul fiume Rubicone, dove la mia famiglia aveva un "capanno". Stavamo attraversando il fiume con la piccola barca a remi e approdando a riva. Guardando la luna (che il 22 luglio era al primo quarto: ho verificato), indicandola, dissi, all'incirca, che si vedeva un'ombra e che erano gli uomini che ci camminavano. O forse, temo, quei burloni della mia famiglia mi diedero l'imbeccata, e io, guardando bene, tontamente confermai: "sì è vero".
Se ne deducono varie conclusioni sulle quali non mi soffermo. Se non per una minore: io, allo sbarco sulla luna, ho sempre creduto molto.
(*) Apollo XIII