venerdì 25 giugno 2021

Tutto trova un senso

Nel 1986 seguì un corso in economia industriale presso l'Università di Bologna. Siccome il professore titolare si trovava impegnato a presiedere, a Roma, i gangli del parastato, il corso era insegnato da due giovani accademici. Uno, morto abbastanza tempo fa, finì come commissario all'Antitrust. L'altro è ora ministro della Repubblica. Quel corso avvantaggiò e rese felici tutti, professori e studenti, gli uni perché lavorarono poco, e gli altri anche. 

Dei due giovani docenti, uno insegnava per aneddoti, tra i quali i segenti.

"I detersivi sono tutti uguali. Le diverse marche si differenziano solamente per i diversi colori delle palline colorate che ci mettono dentro". 

"Ragazzi, non credete a chi vi dice che il nucleare è pericoloso. E' invece sicurissimo".

Questa verità fu proferita in un giorno di aprile del 1986 e pochi giorni prima del disastro di Chernobyl. Ogni volta che mi capita di pensare a quel professore sento il dovere di eseguire un discreto ma energico gesto apotropaico.

L'altro giovane professore era un bravo affabulatore. Ci fece una bella lezione sulla "scienza della complessità", una disciplina secondo la quale le cose non sono semplici come qualcuno ritiene bensì complesse. Al termine della lezione, con la timidezza che si conviene a uno studente ignorante, mi avvicinai per chiedergli dei riferimenti più precisi su tale "scienza della complessità" a me ignota, e qualche consiglio di lettura. Intravisi in quel sapiente uno sguardo un po' perso, e con eloquio inferiore rispose più o meno che non aveva di che rispondermi e che le sue erano considerazioni di ordine generale.

Quel corso in economia industriale si avvalse della presenza di molti docenti ospiti, che permisero sia a noi studenti di capire meglio come gli aneddoti spieghino il mondo, sia a quei due professori di alleviare le loro fatiche.

Un giovane apparteneva alla stessa "squadra" del decano impegnato, a Roma, a privatizzare l'industria nazionale. Promessa dell'economia italiana teorica e pratica, era specializzato nello studio di una tecnologia di punta. In seguito gli fu "fatto il concorso", come usava (e a volte usa) dire, per farlo diventare "ricercatore". Si narra che consegnò il foglio in bianco, malgrado la domanda posta fosse generale e, secondo i critici invidiosi forse perché senza concorso "fatto", ineludibile. Con una certa costernazione, i suoi sponsor ripiegarono dapprima facendolo assumere tecnico laureato, procurandogli però a rapido giro il passaggio a ricercatore. Da noi però l'esperto in tecnologia di punta non durò molto, e dapprima si diresse verso un Ente (per coincidenza, parastatale) che tale tecnologia promuoveva a beneficio del bisognoso Mezzogiorno, per poi approdare, con logica fattivamente applicativa, a una una nota Compagnia di Bandiera, che si apprestava ad onorare lo Stato italiano lasciando, nei suoi bilanci, imperituro ricordo. 

Avemmo anche invitati esterni all'accademia. Ci venne a trovare un manager della Comau, un'impresa Fiat (ora FCA) di automazione industriale. Ed uno di Sorin biomedica che ci raccontò allora - ripeto, era la primavera del 1986 - che il cancro sarebbe presto stato sconfitto (come promettevano gustamente, ci fece notare, certi manifesti che si trovavano allora in giro per Bologna), grazie anche a semplici analisi diagnostiche del sangue.

Era così, quel corso in economia industriale: regalava sicurezze confortanti un po' su tutto, dal nucleare al cancro, passando per i detersivi sottomarca che tanto sono uguali agli altri, e che se io continuo a comprare, è proprio grazie ai miei studi universitari. Sono trascorsi trentacinque anni da allora, e se questa mattina ho ricordato e ricostruito questi episodi insignificanti è per via di quel che poco fa ho letto casualmente su The Guardian:

Blood test that finds 50 types of cancer is accurate enough to be rolled out Diagnostic tool being piloted by NHS England shows ‘impressive results’ in spotting tumours in early stages. Di Nadeem Badshah, 25 giugno 2021.

Insomma, avrebbero finalmente sviluppato quel test per il cancro che mi fu allora annunciato. E, dopo trentacinque anni di vita nazionale, di politiche industriali, e di politiche tout court, tutto trova un senso.

giovedì 24 giugno 2021

All'Università di Bologna stiamo eleggendo

All'indomani del primo turno delle elezioni rettorali all'Università di Bologna, "La Repubblica" poteva forse impegnarsi di più per scovare fotografie un po' meno "sfortunate" dei due candidati che andranno al ballottaggio. O forse meglio così, e anzi, siccome di foto infauste tutti ne abbiamo, potremmo metterci d'accordo di pubblicare solo quelle, con smorfie, ghigni e aria stralunata: per vie traverse potrebbe uscirne qualcosa di buono.

I candidati erano cinque. Diligentemente ho partecipato agli incontri durante la campagna elettorale e mi è parso che il livello quest'anno fosse alto. Forse anche per questo, il risultato di ieri è stato abbastanza equilibrato, con i primi due candidati esclusi non lontani, per numero di voti, dalla Prof.ssa Finocchiaro, che si è piazzata prima, e dal Prof. Molari, secondo a scarsa distanza.

L'elezione rettorale è quasi l'unico caso di reale democrazia nell'università italiana (vedi qui per quanto riguarda il Senato accademico). Qualche giorno fa un caro amico che insegna nel Regno Unito, mio ospite, mi ha aggiornato su come van le cose là, dove il delirio manageriale ha mietuto danni enormi. Apprezziamo quel che abbiamo, ancora, di buono.