giovedì 28 giugno 2018

Oltre il 45esimo parallelo



Per andarci si supera il 45esimo parallelo, e per alcune ore ancora si tira non proprio diritto ma anzi si piega a sinistra. Si arriva a San Giacomo di Entracque, nelle Alpi marittime, che sono parte periferica degli Appennini. Perché siano parte periferica degli Appennini è spiegato qui. In breve, non siamo collocati a caso, ma ci troviamo incasellati dentro a una geografia mentale, che nei fatti sospetto sia la geografia reale se pur parallela all'interno del solito gioco di specchi a la Philip Dick che mi perseguita da una vita.

Nel giorno più lungo dell'anno, a San Giacomo sono convenuti otto di Correcaminos - sette spagnoli ed io - più un nono soggetto, presenza improbabile ma sorprendentemente realizzatasi. Ci ha seguito per tutta la settimana, ha mangiato come un bufalo, ha dormito molto, ma tutto sommato si è comportato a modo.



Ci siamo inerpicati lungo la valle per alcuni chilometri sino al primo rifugio, il Soria Ellena. Nella foto si vede Antonio e l'inseguitore sopra menzionato.



La luna illuminava la valle chiusa dalle due cime di Finestra, che abbiamo risalito il giorno successivo.



Abbiamo visto molti animali, stranamente, perché di solito in montagna al massimo di animali vedo i miei piedi.



Presto abbiamo dovuto mettere i ramponi. Li abbiamo usati quasi tutti i giorni, perché l'inverno è stato abbondante di neve.



Senza picozza. Solo i bastoni. Qui si sarebbe poi fatto anche senza ramponi.



La frontiera. Nel settembre '43 circa 800 ebrei passarono dal Colle delle Finestre. Cercavano la salvezza in Italia, in gran parte morirono ad Auschwitz. Questa è la storia.



Alfonso si affaccia da una guardiola militare. Gli alpini costruirono ottimi cammini e caserme dappertutto. Non sono mai stati usati per la guerra e ora servono per andare in giro. Sono due fatti positivi.



Questo laghetto ha anche un'isolotto. E' in Francia, e ci siamo fermati lì per pranzare.



Così si vede meglio.



Qui siamo nella gîte du Boréon, in Francia, dove abbiamo trascorso la seconda notte.



Questa è Espe.



Qui, stavo tentando di empatizzare per mezzo di gesti col personaggio che ci ha seguiti.



Il gruppo faticosamente sale, sino al confine, e rientra in Italia.



Siamo sul confine, col culo in Italia e i piedi ramponati in Francia, penso.



Nel corso di questa settimana in montagna ho effettuato numerosi tentativi di ricerca di un equilibrio. E' un tema sul quale tornerò.



Siamo sul confine e guardiamo l'Italia. Emergono pochi picchi, che si intuiscono belli; ma per il resto, il Paese è coperto da nubi. Ognuno tragga le conclusioni che vuole.



Non sempre siamo stati compostissimi.



Ma sempre, siamo stati belli e anche scenografici.



Abbiamo visto tante marmotte.



E' il Rifugio Regina Elena, dell'Associazione Nazionale Alpini.



Ci hanno ospitati Attilio ed Eugenio con molta gentilezza.



La mattina successiva siamo ripartiti con un tempo incerto che poi si è aperto, ma che nel pomeriggio ha dato acqua.



Qui eravamo già in cima.



E' il Lago di Fremamorta, è un grande occhio liquido che ti guarda.



Non c'è bellezza senza equilibrio (domanda; difficile).



Abbiamo visto tanti laghi. Io mi incantavo a guardarli.



Le posizioni normali non ci vengono bene.



Qui facciamo la nostra figura. E fare una bella figura, si sa, per noi è tutto.



Un lago ulteriore, prima della pioggia.



Siamo arrivati al Rifugio Questa, e la mattina dopo c'era un sole splendido, con l'aria pulita dalla pioggia. Questo è il gestore, Flavio, col suo cane.



Tutte le giornate sono state belle, ma questa era luminosissima.



Chissà che non si capisca meglio. E' una panoramica a 180 gradi, e se ci si pigia sopra diventa più grande.



Esperanza, inarrestabile.



Siamo arrivati al Piano superiore del Valasco.



Una valle glaciale quasi chiusa, bellissima, con diverse opere militari, come questa grande caserma abbandonata.





E numerosi laghi.



Attorno alla caserma pascolavano, placide, fiere come questa.



Dall'altra parte del lago si vedono, piccole, due marmotte che a lungo si sono inseguite sulla neve, gridando.



Sono sempre loro, col teleobiettivo.



Siamo discesi sino alle Terme di Valdieri.



All'Albergo Turismo (che bel nome) soggiornò Walter Bonatti. Era il '56 e aveva già dentro il K2. Ci rifletto sopra - su Bonatti e su quel che fece. In silenzio, quasi in raccoglimento.



La mattina ripartiamo lungo la valle, per passare il Colle del Chiapous.



Il cielo si sta aprendo. Da solo quasi correndo devio e quasi arrivo a un bivacco. C'è un canalone dove, nel tempo sono morte diverse persone. Ci sono nuvole e non riesco a capire bene l'orografia del luogo. Più che altro, avevo bisogno di mettermi a correre in salita per fare molta fatica; ogni tanto mi capita.



Sostiamo al Rifugio Morelli Buzzi.



Il gruppo si fa corrompere dalle comodità.



Solo io mi impongo la scomodità necessaria per non perdere l'afflato escursionistico.



Guadagnamo il passo. Quasi.



Antonio, sempre imperturbabile.



Finestre, grandi e piccole; cammini e passaggi. La montagna è un simbolismo in 3D esagerato, che se per errore prendi sul serio ti sopraffà.



Uno dei nostri prova a fraternizzare con l'inseguitore.



Subito sotto al passo c'è un altro laghetto.



Scendiamo sino al lago artificiale sul quale si trova il Rifugio Genova. La diga fu costruita mi pare a partire dal 1969, e per terminarla impiegarono mi pare 12 anni.



Stiamo bene al Rifugio Genova. Partiamo la mattina presto, e ci arrampichiamo sopra al lago.



Risaliamo l'ultima valle.



Per scendere dall'altro lato.



Scendiamo una valle che ci porta al Rifugio Soria Ellena, dal quale eravamo partiti sei giorni prima. Al rifugio recupero la mia lampada frontale che avevo dimenticato là. La gestora, che è di Quezon City (mi corregge; non di Manila), è simpatica e molto gentile. Facciamo due chiacchiere. Lascio sempre cose in giro, e sospetto che sia un modo inconscio per poter poi attaccare bottone con degli sconosciuti.



Questo vezzo di Correcaminos di portare l'ombrello in montagna non mi ha mai trovato d'accordo.



Io piuttosto mi metto dei fiori ai capelli, per ricreare una specie di Arcadia Hippie.



Fiori, pensieri gentili, dialoghi filosofici tra amici: sto iniziando a prepararmi per un'altra vita.



Pur avendo degli accoliti anche in questa.



E qui siamo al commiato. Il capitolo spagnolo torna a Sevilla; il capitolo monocratico italiano (io) a casa. Per gentilezza, offro un passaggio a quello che ci ha seguiti.



In questo distributore sono riuscito a ripartire senza sradicare la pistola erogatrice. Non approfondisco questa storia, avvenuta dalle parti di Alessandria, nel viaggio di andata. Credo che sia stato un modo inconscio per instaurare un dialogo col benzinaio, tutto tatuato, gentilissimo, e al quale devo un caffè.



Per tornare a casa è necessario ripassare il 45esimo parallelo, ma in senso opposto. Poi si scende, ma piegando verso sinistra. E' speculare all'andata; come due carte geografiche che si generano l'una con l'altra.

"Alpeninos 2018" ha formato un anello con un'appendice: questo è il percorso. Non è stato troppo lungo o stancante, anzi il contrario. Dappertutto, nei rifugi e all'Albergo "Turismo" alle Terme di Valdieri ci siamo trovati bene.

La settimana trascorsa in giro per le Alpi marittime è stata un'occasione per riflettere. La montagna si presta molto alla riflessione, e per questo è necessario fare molta attenzione. Abbonda in simbologie, particolarmente evidenti perché sono in 3D, e per questo risultano ingombranti. Se non si fa attenzione, se non si esercita autodisciplina, se per stemperare non si fanno e sparano molte cazzate, poi finisce male. Finisce che la montagna si impossessa di te e finisce che ti sopraffà. Per questo ci vuole misura, che noi abbiamo persino in sovrabbondanza, come ben mostra questo sobrio racconto.