mercoledì 11 ottobre 2017

Tecnopolitica



My portfolio at the Kremlin and in government has included ideology, media, political parties, religion, modernization, innovation, foreign relations, and ...”—here he pauses and smiles—“modern art.” (The Hidden Author of Putinism. How Vladislav Surkov invented the new Russia, di Peter Pomerantsev, 7 novembre 2014, The Atlantic).

C'è tutta una partita russa che da tempo vorrei capire meglio: la cosiddetta "tecnopolitica". Assieme a tante altre cose che vorrei indagare: la storia dell'India, che sto affrontando ora; il sanskrito (sto cercando un manuale: consigli?) e ovviamente molto altro.

Il nome di riferimento è l'autore della dichiarazione in alto, Vladislav Surkov (qui, su Wikipedia). Inoltre, Gleb Pavlovsky (qui, Wikipedia), che è citato nel bell'articolo di Joshua Yaffa sulla "casa sulla riva": leggetelo, mi raccomando.

L'idea della "strumentalità", della cassetta degli attrezzi della politica, tocca in me una corda, forse anche per certi miei trascorsi. E intuisco un senso russo in questo modo di veder le cose, un filo rosso che parte dalle pratiche zariste, da un "San Pietroburgo" di Andrej Bielyj, passa per la "disinformazione" sovietica e approda alla manomissione delle elezioni presidenziali americane, che mi pare si potrà giudicare come una sorta di capolavoro. Forse inutile o dannoso per chi lo ha perpetrato, ma questa è la maledizione della strumentalità, condannata ad essere sempre miope e quindi parziale.

Ed è una tale ineludibile parzialità che, in questa mia fase, mi obbliga ad approfondire la comprensione della storia dell'India.


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