Nell'interpretare la Russia (senza pensare alla guerra in corso) si oscilla tra due tendenze: una è di stampo giornalistico (penso per esempio a Masha Gessen) e vede la Russia come una sorta di cleptocrazia criminale di cui Putin è una specie di re sole tenebroso. Gli studi accademici, pur senza negare l'importanza della figura di un autocrate che da oltre a 20 anni è in cima alla cosiddetta "verticale del potere", tentano spiegazioni più articolate, considerando per esempio l'altro grado di competizione tra le elite, e tante tonalità di grigio che in Russia abbondano.
Vero è che tali studi hanno evidenziato un processo che, nel corso dell'ultimo decennio, ha portato Putin ad essere sempre più solo al potere, circondato da un gruppo ristretto di consiglieri amici di vecchia data, e impermeabile ad opinioni diverse. Penso, per esempio, al libro curato da Daniel Treisman nel 2018, "The New Autocracy: Information, Politics, and Policy in Putin’s Russia" (Brookings Institution Press). E un tale effetto-bolla, aggiungo io, non offre una spiegazione alla sciagurata decisione di invadere l'Ucraina, ma ne è stato la premessa.
La mia lettura degli ultimi decenni di storia russa segue il secondo approccio. Ma è vero che nella storia esistono le cosiddette "giunture", che sono quei momenti di accelerazione in cui l'apporto individuale lascia maggiormente il segno. E siccome quella odierna la è, vale la pena tornare a una vecchia intervista a un Vladimir Putin che era da poco al potere.
L'8 settembre 2000, a meno di un mese dal disastro del sottomarino Kursk, fu ospite di Larry King. Alla domanda, "mi dica, che cosa è veramente accaduto al sottomarino", seguì l'infame risposta, con un sorrisino che mostrava il vuoto cosmico di empatia: "è affondato" («Она утонула») (minuto 1 e 10).
Nessun commento:
Posta un commento