lunedì 14 novembre 2011

1994-2011


Ho fatto finta di ignorare quel che stava accadendo. Non all'inizio: nel 1994, con altre persone, fondai un'oggetto molto bizzarro che si chiamava La Città Invisibile, che faceva politica, e che nacque come risposta alla vittoria di Berlusconi. Ne sono ancora molto orgoglioso: folle, ma era creatività pura.

Poi vidi il disastro di chi si sarebbe dovuto opporre. Nessuna idea dell'organizzazione (e per me, l'organizzazione è essenziale), meccanismi di selezione deliranti che han mandato sia in parlamento, sia nelle sedi dei partiti, persone che, con qualche lodevole eccezione, non avevano nulla di meglio da fare. Volsi lo sguardo, e almeno per tanti anni mi dedicai, con la serietà di cui sono stato capace, al mio lavoro.

Dove lavoro ho litigato con tanti. O meglio: ho ottimi rapporti con il personale cosiddetto tecnico-amministrativo, che mediamente stimo e che sento a me vicino. Mi sento un bidello accademico, ecco. Ma la moltitudine dei miei colleghi, mi pare, ha agito nel solco della tradizione delle nostre classi dirigenti: irresponsabili, opportuniste e complessivamente non all'altezza. Ne salvo pochi, e diversi li ho mandati a quel paese: mangiatevela voi questa minestra! (citazione: Paolo Villaggio in "La voce della luna", ultimo film di Fellini, riassunto visionario di un paese e di un'epoca).

Questo pistolotto per introdurre l'incipit di un articolo di Irene Tinagli su La Stampa di oggi. Mi piacerebbe aggiungere: per non tornare più sul tema. Per pensare poi alle proiezioni delle mappe, a qualunque delirio che mi venga in mente (tra i tanti). Per stare, per altri cinque o quindici anni, in una e più tra le realtà parallele che mi affollano la testa. Ma, si potrà dire, dov'ero io, cosa facevo, in che modo bizzarro e magari irresponsabile facevo l'intellettuale e mi guadagnavo lo stipendio.

"I grandi festeggiamenti che hanno accompagnato l’uscita di scena di Silvio Berlusconi fanno molto pensare. Si sente parlare di liberazione nazionale, come se fosse caduto un dittatore che da solo ha rovinato un Paese intero. Eppure quest’uomo che oggi nessuno, neppure tanti suoi alleati, pare abbia mai voluto, è stato votato non una ma ben tre volte dagli italiani. Tra l’altro l’ultimo suo successo risale alle amministrative del 2010, poco più di un anno fa, già in piena crisi economica e dopo vari scandali. Dimenticarsi questo dettaglio impedisce di fare un’analisi profonda del Paese e di operare una corretta distribuzione di responsabilità, sia rispetto a chi lo ha supportato così a lungo sia nei confronti di chi, avversandolo, non ha evidentemente saputo offrire agli italiani un’alternativa più convincente.

C’è un altro aspetto che molti sembrano dimenticare nell’agitazione euforica di questi giorni. Ovvero la responsabilità non solo individuale ma collettiva della situazione economica attuale."

Responsabilità collettive della crisi, di Irene Tinagli, La Stampa, 14 novembre 2011.




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