martedì 26 settembre 2017
Alpeninos 2017
Abbiamo una tradizione: l'escursione negli Appennini in giugno, con Correcaminos. Quest'anno abbiamo visitato un contrafforte settentrionale e secondario della nostra maestosa catena montuosa appenninca, il cui perno è il Passo del Cancellino, non lontano da me. Un contrafforte che le popolazioni locali chiamano anche, dialettalmente, "Dolomiten". La tradizione "Apeninos" quest'anno è diventata "Alpeninos", a rispecchiare linguisticamente il fatto che tutte le Alpi altro non sono se non un'escrescenza degli Appennini.
Questo il percorso: sei giorni, dal 15 al 20 giugno 2017. Partenza, vicino a Cortina, arrivo al Passo di Falzarego. Totale, 104 km, 7200 metri di dislivello in salita. Una bella passeggiatona, di cui segue qualche immagine e commento. Ah, quasi tutte le foto non le ho fatte io, e alcune sono belle. Se ci si clicca sopra diventano graaandi.
In montagna ci si va con la Dacia Rossa, che ci è abituata.
L'apparizione dei primi due Correcaminos, Esperanza e Alfonso, chilometri a valle dal Lago di Misurina. Potevano arrivarci in auto, al lago, ma li ho obbligati a camminare, giusto per chiarire sin dall'inizio che non avevamo certo fatto tutta quella strada per andare a divertirci.
Qui siamo già in media res.
Antonio (Barros) riflette e mi guarda.
Quando si sale, bisogna sempre avere brio ed allegria.
Antonio (Berenguer) zampettava coi sandali.
Forse un'aquila, e comunque, non un piccione.
Le montagne, alla fine, sono un po' tutte uguali. Queste erano del tipo affilato.
Espe super sorridente.
Non mi ricordo che montagna sia. Le tre pale di San Martino, o le tre Crode Rosse, o qualcosa del genere.
José e Juan Carlos modello Heidi.
José (Gonzales de Díos), dal cui corpo escono due linee parallele che tagliano la montagna. Non capisco bene.
Il vero birro romagnolo sorride sempre.
José (Carrascosa) che fa l'aeroplaniono. C'è anche una mia foto mentre lo faccio, ma sono tutto storto per cui ho messo lui.
Uno dei tanti rifugi e rifugetti per i quali siamo passati.
Si vede che qui sono parte di un tutto più grande di me.
I tre Correcaminos dell'Apocalisse.
Un cavallo col quale ho fatto due chiacchiere. Annuiva molto.
Qui in alto l'Aeronautica militare fece una pista d'atterraggio, credo negli anni '60. I Correcaminos mentre, alla partenza, decollano per la giornata.
Le foto nelle quali giravo completamente nudo, urlando tribalmente, non le metto.
Una fettina del mio piede (a destra), con al bordo sinistro un Alfonso intero.
Prima di attraversare un cono i-m-p-r-e-ss-i-o-n-a-n-t-e.
La vista impressionante verso il basso, dal bel mezzo del cono, che è impressionante già di suo.
Un bucolico laghetto. Ho dimenticato il nome. E' che sono un po' tutti uguali.
Io, equipaggiato di tutto punto, con alla mia destra un cretino che si fa una foto.
Il tunnel militare che i minatori italiani costruirono durante la Prima guerra mondiale e che, quasi facendoci cambiare coordinate spazio-tmeporali, ci ha sputato in basso, al Passo del Falzarego.
Nel caso qualcuno voglia prender sul serio quanto visto, per ripeterlo, in cima c'è il riferimento al percorso, e qui riporto le tappe:
15 giugno: Lago Misurina -> RIfugio Col de Varda
16 giugno: Col de Varda -> RIfugio Lavaredo
17 giugno: Rifugio Lavaredo -> RIfugio Vallandro
18 giugno: RIfugio Vallandro -> Rifugio Sennes
19 giugno: Rifugio Sennes -> RIfugio Fanes
20 giugno: Rifugio Fanes -> Passo Falzarego
Altrimenti, noi torniamo l'anno prossimo per fare un giro diverso. L'idea è di visitare un'altra escrescenza degli Appennini, incorrettamente chiamata "Alpi Marittime", ma si vedrà.
domenica 24 settembre 2017
Can Opener Economist
Can Opener - Economist: An economist who narrowly uses his or her analytical tools, missing the complexity of the problem at hand, to reach conclusions which are wrong or irrelevant. It implies the presence of a dose of hubris. The term applies particularly when policy issues are involved.
The expression originates from the "assume a can opener joke.
Economista-Apriscatole: Economista che utilizza i propri strumenti analitici in modo restrittivo, non cogliendo la complessità del problema analizzato, e raggiunge conclusioni errate o irrilevanti. Il termine denota la presenza di una dose di presunzione, e si applica particolarmente quando vengono proposte raccomandazioni di tipo normativo.
sabato 23 settembre 2017
Trump e i B52s
Secondo Trita Parsi (The Guardian), "Trump is conflating Pyongyang with Tehran, and the results could be catastrophic".
Stamattina, viaggiando con la Dacia Rossa, ascoltavo Radio France (bisogna sempre essere altrove) e ho appreso dell'esistenza di questa divertente "Bomb Iran", sulla musica di Barbara Ann (Beach Boys, ma l'originale era di Fred Fassert dei Regents).
Viviamo mesi retrò - metà anni '60. Ricordiamo il Generale Ripper, che in "Dr. Strangelove" (del '64) è il Comandante del Strategic Air Command 843rd Bomb Wing. Perché ordina l'attacco nucleare sull'URSS? Lo spiega lui stesso a Mandrake (uno dei tre personaggi interpretati da Peter Sellers):
“Well Mandrake I first became aware of it, Mandrake, during the physical act of love...Yes, a profound sense of fatigue, a feeling of emptiness followed. Luckily I-I was able to interpret these feelings correctly. Loss of essence. I can assure you it has not recurred, Mandrake. Women, er, women sense my power, and they seek the life essence. I do not avoid women, Mandrake. But I do deny them my essence.”
La scena è qui sotto ed è un capolavoro.
Esiste un dibattito in rete, ma insomma, un modo di leggere la questione è che la fine del mondo sia stata causata da un dettaglio, da una banale disfunzione erettile.
E, divago, mi torna in mente l'accumulatore orgonico di Wilhelm Reich, ad ampliare questo ipertesto. Di cosa stavo parlando. Ah si, di Trump.
Fortunatamente non è un generale a capo di uno squadrone di B-52.
Ma dei B52s (il gruppo), non ha un po' la capigliatura della cantante? Solo mi preoccupa che tutta questa partita, alla fine, si giochi su certi dettagli.
giovedì 21 settembre 2017
Stone Mountain
Al parco di Stone Mountain, non lontano da Atlanta, andai più volte, nei sette mesi circa che trascorsi come "senior" alla Stone Mountain High School, prima di volare a Philadelphia. Prima insomma che la famiglia con la quale vivevo mi cacciasse di casa, in seguito a un insignificante diverbio col figlio, durante il quale lui aveva tirato fuori dalla tasca un coltello, e conseguentemente era finito contro al frigorifero. Quell'enorme frigorifero con dispensatore di ghiaccio che rappresentava per me l'essenza stessa dell'America, insieme al Wal Mart non lontano da casa, dove nei pomeriggi di noia andavo a piedi per programmare in basic il Commodore in esposizione, al supermercato aperto 24h lì vicino, e a poco altro che ometto volentieri. E loro, la famiglia americana, dovendo scegliere tra il figlio e me scelsero il figlio, e non ne ho mai capito la ragione sino in fondo, perché detto tra noi ero molto meglio io.
Ero arrivato a Stone Mountain da poco e una domenica, mentre facevo una colazione americana, quelle col bacon le uova e le salsicce, e il solo fatto che usassero una padella in teflon che non avevo mai visto in vita mia era strabiliante; mentre facevo colazione dicevo, con le diverse sezioni del giornale della domenica squadernate in giro, lessi la notizia, con foto, del KKK che aveva bruciato una croce nel parco.
Oggi il Washington Post pubblica un articolo che racconta bene la questione del monumento ai tre generali sudisti scolpito nell'enorme massiccio granitico - il "Stone Mountain", appunto. In alto, la foto del bassorilievo, che non può essere eliminato facilmente. In basso, il KKK nel parco, nel 1948.
Tornai a Stone Mountain anni dopo, di ritorno da San Diego, e cenai ospite della famiglia che mi aveva cacciato (bisogna sempre saper recuperare). Il quartiere, da classe media bianca che era quando vi vivevo io, era diventato quasi completamente nero. E se ora volete una musichetta, potrebbe esser questa.
Stone Mountain: The ugly past — and fraught future — of the biggest Confederate monument. Di Steve Hendrix, 19 settembre 2017.
venerdì 15 settembre 2017
Antonio Polo
Pochi giorni fa è morto Antonio Polo, il decano - anzi, il fondatore - di Correcaminos. Una persona sul quale altri che lo han conosciuto meglio di me hanno molto da raccontare. Io mi limito a ricordare che negli ultimi anni era stato il "cronista ufficiale" delle escursioni del sabato. Le scriveva bene e con uno stile tutto suo; quando avrò il tempo le rileggerò tutte.
Gli amici di Correcaminos gli sono stati molto vicini in questi ultimi mesi di malattia. L'otto ottobre andranno in montagna per mettere una targa, e in quell'occasione spargeranno le sue ceneri. Il disegno è di Belén. C'è Antonio, con quella sua aria dinoccolata nobile, e il suo inseparabile ombrello, utile non solo per la pioggia, ma anche per il sole che è spesso severo nelle montagne dell'Andalusia. Il testo è tratto da una delle sue cronache, e parla dell'amore per la montagna e per la vita.
Antonio è così tornato alla Pachamama, che spesso menzionava nei suoi racconti. Null'altro aggiungo, perché laddove ci sarebbe da dir molto, conviene esser brevi.
domenica 3 settembre 2017
Farfisa
Casualmente leggo sul Sole 24 Ore di oggi che il marchio Farfisa è oggetto di una vendita fallimentare. Mi addolora.
Penso a Ray Manzarek e ai Doors e, mentre salgo verso il crinale in auto, ascolto Light my fire, con l'indimenticabile solo acido con l'incredibile tastiera Farfisa.
Ray Manzarek era un grande personaggio. Sono incappato in questo bel video in cui spiega come nacque Raiders on the storm. Guardatelo, è riposante. E' un racconto con un suo bel ritmo lento e posato.
Dal crinale (dalla sella del Monte Gennaio) ho osservato il Tirreno sino alla Corsica; si intuiva l'Adriatico e oltre i Colli euganei ho visto le cime delle prime Alpi.
Si stava molto bene. Ma mi dispiace per gli organi Farfisa. La fabbrica, apprendo, in passato diversificò la produzione e ora si occupa di altro. Il marchio degli organi era da tempo passato alla Bontempi. Avevo un Bontempi, bianco e rosso mi pare.
Ray Manzarek era anche stato il produttore degli X, un gruppo di Los Angeles che mi piaceva. Soprattutto il loro secondo album. Chissà se usavano il Farfisa, gli X. Non mi pare, era un altro giro quello, e Ray Manzarek sapeva cambiare.
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