Mi aveva catturato questo commento: "Geoff Dyer is a counter-tourist. He visits well-known haunts -- Paris, Bali, New Orleans, Miami -- without seeing a sight or snapping a picture. He takes trips everywhere: on acid in Rome, on mushrooms in Amsterdam. At times, he subverts the whole enterprise of travel by remaining immobile." The Art of Loiterlogue, di Tony Horwitz, The New York Times, 12 gennaio 2003.
E così ho comprato, e quasi terminato di leggere, il suo "Yoga for the people who can't be bothered to do it".
Intuivo che avrebbe contribuito alle mie teorie sul Megaturismo, o che almeno avrebbe assecondato le mie inclinazioni in merito. Così è stato.
E comunque a quel libro di Dyer ero arrivato leggendo del suo ultimo, qui raccontato: "Geoff Dyer Takes to the Streets With Garry Winogrand" (di Jennifer Szalai, The New York Times, 28 marzo 2018). E così, da una meta si saltella verso un'altra, proprio come si fa nel Megaturismo, del resto: le mappe si possono sempre sovrapporre.
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