sabato 20 luglio 2019
Disuguaglianza e corruzione legalizzata: gli Stati Uniti
Quelli di WID World han davvero fatto un bel lavoro: c'è una routine di Stata che accede direttamente ai loro dati sulla distribuzione del reddito e della ricchezza. Il grafico in alto, che ho fatto io, semplicemente replica, da World Inequality Report, 2018:
Figure 2.4.1a
Pre-tax income shares of the top 1% and bottom 50% in the us, 1962–2014
Source: Piketty, Saez and Zucman (2018). See wir2018.wid.world for data series and notes.
In 2014, 13% of national income was received by the Bottom 50% in the US. Pre-tax national income is measured after the operation of pension and unemployment insurance systems (which cover the majority of cash transfers), but before direct income and wealth taxes
E' un'immagine molto evocativa: le elite ricche "catturano" con successo il processo politico a loro vantaggio, divengono ancora più ricche, e hanno ancora più risorse per sterzare gli Stati Uniti a loro favore. L'1% più fortunato lo è sempre di più, e la fetta del reddito percepito dal 50% sfortunato dimunisce progressivamente.
Di questo sto ragionando, al capitolo: "USA e corruzione legalizzata", e sono solo all'inizio. Ma già poter maneggiare i dati, per quelli come me, è una gran cosa.
E così ho fatto il grafico qui sotto, che è più "mnemonico". Mostra la porzione del reddito che va al 60% che guadagna meno, invece cche il 50%, e permette di affermare quanto segue:
Negli Stati Uniti, l'1% che guadagna di più riceve una fetta del reddito complessivo che ha raggiunto e superato quanto va complessivamente al 60% della popolazione che guadagna di meno.
Sarebbe da ripetere lentamente almeno tre volte.
domenica 7 luglio 2019
Debre Libanos
Debre Libanos, maggio 1937: "Secondo le ultime ricerche storiche, il numero delle vittime di questa strage sarebbe compreso tra 1.800 e 2.200, mentre il rapporto ufficiale stilato dal Viceré Rodolfo Graziani parla di “solo” 449 morti."
Non mi fermai a Debre Libanos, ma solo vi passai, di ritorno a Addis Abeba. Avrei voluto, ma la sera stessa avevo un aereo per rientrare in Italia.
A Debre Libanos ci fu una mattanza, e così a Addis Abeba, all'indomani dell'attentato al criminale di guerra Rodolfo Graziani. Fece bene il Presidente Mattarella a chiedere scusa, alla presenza di partigiani etiopi. Migliaia di civili uccisi senza nulla che somigliasse a un processo. Semplicemente, assassinati, dai fascisti.
Manlio Di Stefano, le cui dichiarazioni (autentiche) sono riportate sotto, è sottosegretario di Stato al Ministero degli affari esteri. Stan terminando le parole per descrivere quel che ci sta capitando, in Italia.
Il documentario "Debre Libanos" sarebbe da mostrare nelle scuole: ai futuri Di Stefano forse ne rimarrebbe un ricordo. Del resto, non possiamo che pensare al domani: l'oggi mi pare irremediabilmente pregiudicato.
venerdì 5 luglio 2019
#Vazajato
"VEJA sempre foi — e continua — a favor da Lava-Jato. A luta contra a corrupção tem sido um dos pilares da nossa história. Mas os diálogos que publicamos nesta edição violam o devido processo legal, pedra fundamental do estado de direito — que, por sinal, é mais frágil do que se presume, ainda mais na nossa jovem democracia. Jamais seremos condescendentes quando as fronteiras legais forem rompidas (mesmo no combate ao crime). Caso contrário, também seríamos a favor de esquadrões da morte e justiceiros."
The Intercept - Brasil, in quest'ultima tornata di rivelazioni, collabora con Veja, che fu molto pro-Lava Jato. Non male la strategia di The Intercept, con queste collaborazioni importanti - prima, FOlha de S.Paulo, ora questa.
#Vazajato lo sto seguendo per interesse professionale, ma non nego la curiosità per la storia in sé. Sarà che non ho la televisione e non mi sono mai cibato di serie televisive, ma insomma: come andrà a finire?
Aggiungo: come si sente, in Italia, la mancanza di qualche vera e seria iniziativa di giornalismo investigativo. Pirata, che non guardi in faccia a nessuno, e non raffazzonata ma seria.
E per ultimo: ma sto Greenwald... questo è il secondo scoop epocale della sua carriera (dopo il caso Snowden). Un mito.
Novos diálogos revelam que Moro orientava ilegalmente ações da Lava Jato. Di Glenn Greenwald, Edoardo Ghirotto, Fernando Molica, Leandro Resende e Roberta Paduanaccess, 5 luglio 2019.
mercoledì 3 luglio 2019
Da Ferrara mi scrivono
(23 febbraio 2020: L'Università di Ferrara ha eliminato anche in questo caso un suo documento ufficiale: la risposta del Rettore Zauli a me, datata 3 luglio 2019 - vedi di seguito il link "mancante". E' ovviamente reperibile in Archive.org.)
Il Rettore dell'Università di Ferrara, Prof. Zauli, mi dedica una lettera personale in risposta a quanto ho scritto.
Mi pare che in essa vi siano due questioni da sottolineare. Per primo, il Rettore Zauli dichiara, a proposito delle conclusioni della Commissione etica del suo ateneo circa le accuse di un noto whistleblower tedesco:
"Dopo oltre sei mesi di approfondimenti la Commissione Etica ha archiviato il caso non essendo emersi a mio carico né elementi dolosi né di colpa grave."
Me ne rallegro; ma ci voleva così tanto a farlo sapere? E' vero (purtroppo, aggiungo) che, come scrive il Prof. Zauli, "l’Università non è in alcun modo obbligata a rendere pubblicamente conto agli organi di stampa [...] degli esiti [di tali] procedimenti [...]". Ma questo può applicarsi anche al Rettore, considerato il costo reputazionale per l'istituzione? E' vero che l'Università di Ferrara "non è tenuta", ma chi venga scagionato, mi pare, senz'altro "può" render pubblici gli atti. E secondo me, in un tal caso, dovrebbe - per responsabilità e per senso dell'istituzione.
E inoltre: chi avrebbe formulato delle accuse false (se ben capisco, e ovviamente non avendo letto le conclusioni raggiunte dalla Commissione etica, essenso esse segrete) è stato informato? Lo chiedo, dato che a distanza di mesi, quei documenti sono ancora pubblici.
E a fronte di un tale scagionamento di cui gli organi collegiali dell'Università di Ferrara sono edotti: scrivevo che a mio avviso sarebbe stata doverosa (da parte dei docenti) "solidarietà, e difesa della propria Università ingiustamente insultata". Sino ad ora tale solidarietà non si è registrata, ma ora che tutti sono informati, magari si rimedierà. Nel qual caso, la mia critica ai colleghi ad oggi silenti perderà ragione d'essere, e con loro anzi mi scuserò pubblicamente - per quanto penso che non sia sfuggito il carattere retorico della mia posizione.
Seconda questione, il Rettore scrive: "Intendo quindi applicare lo stesso rigore che ho applicato a me stesso a tutti coloro che per protagonismo o forse per ragioni non dichiarate si permettono attacchi gratuiti e diffamatori. È mia ferma intenzione salvaguardare la reputazione mia personale e dell'Ateneo in tutte le opportune sedi."
E' un po' triste che la si butti sull'attacco personale e che si facciano insinuazioni, francamente offensive. Quali "ragioni non dichiarate"? Perché voler screditare personalmente l'interlocutore? E' chieder molto, a una figura pubblica, serenità, e ragionamenti sul merito delle questioni?
A far domande e ad esprimere opinioni sull'agire delle nostre istituzioni non si diffama nessuno. E nel caso che le parole del Rettore dell'Università di Ferrara annuncino una prossima azione legale nei miei confronti: bene, si andrà sino in fondo. Amo le questioni di principio: la libertà di espressione e di rivolgere critiche a un'istituzione pubblica sono sacri diritti. Difenderli - in qualunque sede, appunto - sarà sicuramente degno di una buona battaglia: soprattutto in un'epoca in cui, forse, è giunta l'ora di spendersi in nome di qualche principio a noi caro. Considerando inoltre la protezione che la Costituzione offre al diritto di espressione e di critica (soprattutto, nella giurisprudenza, verso le personalità pubbliche o che comunque esercitano una funzione pubblica) senz'altro eventualmente contemplando la possibilità di andare oltre a una mera difesa.
Riservandomi, per ultimo, di chiarire le diramazioni e le implicazioni del parallelo proposto con Joseph Goebbels (due "B") che, credo, richiederebbe se non altro una scusa pubblica da parte del Magnifico Rettore dell'Università di Ferrara: certi confronti feriscono molto. Non fanno onore all'Università e alla città di Ferrara, la cui storia forse il Rettore Zauli non conosce abbastanza bene.
Proviamo però a vederci qualcosa di positivo in questa vicenda: penso che si possa dire che, se non avessi scritto quel che pensavo, il Rettore dell'Università di Ferrara non avrebbe chiarito pubblicamente i fatti. E togliendomi l'abito professorale, e indossando quello di cittadino, un po' scorato mi chiedo: ma perché in Italia, per avere un po' di trasparenza dalle nostre istituzioni, si deve sempre "piantare un casino"?
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