Una funzionaria della scuola, una donna di colore, mi fece chiamare e mi avvertì che la famiglia che mi ospitava mi dava due giorni per andarmene. Me lo mandarono a dire, insomma. Immaginai che fosse per l'ultima rissa col figlio, quando lui tirò fuori il coltello, ma non lo ho mai saputo con certezza.
Mi sistemai per qualche giorno in casa di una compagna di scuola. Mi vennero a prendere per andare all'aeroporto. L'auto si ruppe. Arrivammo alla fermata di un autobus e in qualche modo abbandonai Atlanta. Volo Eastern Airlines: delle piccole tragedie sempre si ricordano i dettagli.
All'aeroporto mi venne a prendere Helen. Passammo dal centro, che bella mi sembrò Philadelphia. "Lucio, tu ti rendi conto, se anche questa volta ci saranno dei problemi, ti rispediremo in Italia". Senza altre risse arrivai alla fine del mio anno in america, 17 anni, 1983.
Pochi giorni fa ho ritrovato Helen su Facebook. E' di nuovo dalle parti di Philadelphia e sta "on the fence": non ha ancora deciso per chi votare. Non sono affari miei, le ho detto, io non sono americano. Però...
L'"infomercial" di Barack Obama (qui, in quattro parti) è un esempio di come un grande paese sia capace di costruire un discorso su se stesso. Queste elezioni sono una questione quasi letteraria: agli snodi storici corrisponde il tentativo di costruire una trama e di disegnare un percorso dentro ad essa. Una narrativa, appunto.
Prosa o, come si usa dire di Obama, poesia? Disse Cuomo: "You campaign in poetry, but you govern in prose." L'una e l'altra. In ogni caso, quella di Obama è una buona struttura narrativa. Questi quattro video lo dimostrano. E di letteratura, di storie ben costruite e ben raccontate, si vive.