lunedì 19 marzo 2012

La rendita de Il Manifesto


Me la prendo coi finanziamenti al Manifesto e insieme ai giornali di partito, e Rudi Ghedini mi scrive:
"Il ragionamento è inattaccabile, ma continuo a vedere un differenza fra il manifesto e gli altri. Non solo perché non si tratta di un giornale di partito - e i partiti si sono moltiplicati per 12 i finanziamenti dopo il referendum che li aboliva - ma soprattutto perché si tratta di una cooperativa di giornalista, e in certi casi la forma confina con la sostanza."

Caro Rudi, le società cooperative già sono favorite, come conseguenza dell'articolo 45 della Costituzione. Esiste forse una specificità delle cooperative di giornalisti tale da meritare un vantaggio ulteriore? Magari si, ma all'interno di un ragionamento tutto da sviluppare.

Il punto però è un altro, dato che la legge attuale non favorisce, ma ostacola la cooperazione. Infatti, i contributi sono destinati soltanto alle cooperative che editano una testata da almeno cinque anni (Legge 250/1990, Art. 3).

Scriveva l'Autorità per la Garanzia della Concorrenza e del Mercato nella sua indagine sull'editoria pubblicata nel 2009:
"125. [...] appare problematico il fatto che il rilascio del contributo diretto alle cooperative [...] sia subordinato alla presenza sul mercato da almeno cinque anni. Da un lato, tale previsione può essere letta quale criterio di selezione delle sole iniziative che abbiano dato prova di perseveranza e praticabilità del progetto editoriale. Da un altro lato, tuttavia, appare controintuitivo che un nuovo soggetto editoriale non venga sostenuto nella fase di start-up dell’attività, vale a dire nel momento di massima precarietà ed esposizione finanziaria, e riceva, invece, un contributo alla copertura dei costi quando è presumibile che abbia raggiunto un certo avviamento ed una soglia di diffusione. Nell’ottica di elevare la probabilità che il pluralismo dell’informazione sia arricchito da nuovi soggetti, sembra dunque opportuna una riflessione sulla possibilità di ridimensionare la previsione che ritarda il sostegno alle nuove iniziative editoriali al superamento del quinto anno di attività."

La legge attuale non promuove la cooperazione, come richiede l'Art 45 della Costituzione, ma la ostacola, perché erige una barriera all'entrata per eventuali imprese cooperative che vogliano far concorrenza a Il Manifesto. Il quale gode di una rendita ingiustificata. E' forse anche per questo che è un giornale mortalmente prevedibile e sostanzialmente conservatore?

2 commenti:

  1. Le barriere all'entrata sono solitamente odiose.
    Anni fa, per 8 lunghi anni, ho diretto una piccola cooperativa editoriale e solo dopo 5 anni effettivi, dunque 6, abbiamo potuto chiedere qualche rimborso per spese sostenute (luce, riscaldamento, carta). Cifre risibili, che tuttavia rappresentavano il 10% del nostro bilancio e facevano la differenza fra il dare 30.000 lire a un collaboratore o niente.

    Queste barriere sono tollerate perché questo è il Paese dei furbi, dunque nascerebbero cooperative di giornalisti in 10 minuti.

    Ma continuo a non vedere come "il manifesto" ostacoli l'entrata in campo di altri soggetti cooperativi. I finanziamenti pubblici all'editoria sono meno di qello che spende Lusi in caviale, e persino il Governo Tecnico evita accuratamente di sporcarsi le mani con il mercato pubblicitario, che è poi il vero cancro alla libera iniziativa editoriale, con quel soggetto che ben sai che raccoglie il 54% delle risorse complessive del sistema dell'informazione, più un altro monopolista della pay-tv che, lui sì, "ostacola" l'entrata di qualsiasi competitore, fino al "servizio pubblico" che non ha più una giustificazione al mondo per chiedere un canone.

    Sono fra quelli che pensano che le vere cooperative di giornalisti dovrebbero avere molte più agevolazioni di quelle che hanno, ma mi rendo conto di non aver speso una sola parola per difendere "il manifesto" come prodotto...

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  2. Caro Rudi, (anche tu :) ) hai molte ragioni. Spero di poter continuare il discorso con te a voce, la prossima volta che ci incontreremo - spero prima della tradizionale "cena degli avanzi". Un abbraccio

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