mercoledì 17 febbraio 2016

Turisti sempre



Questo è il Zero Caffè, in Via Sant'Isaia.



A Porta Saffi c'è questo grande edificio in mattoni, adiacente a un'antica manifattura, che mi ha sempre incuriosito.



Qui ho comprato quattro banane per il viaggio. "Arriva a un euro", mi ha detto. Gli ho dato l'euro e non ho ricevuto lo scontrino. L'ho chiesto. Gli ho lasciato però il sacchetto di plastica.



Ho voluto vedere in quell'alto albero l'origine delle quattro banane. Poi mi sono accorto che non è un banano, anche se assomiglia. Si vede anche lo scontrino.



Il cambiamento ha il volto di donna, sotto un portico di Via Saffi. A volte non capisco la comunicazione pubblicitaria.



E' l'automobile di Schroedinger. Diversamente dal gatto, che non sai se c'è o no, l'automobile di Schroedinger si sdoppia, quando è parcheggiata ai due lati di una cesura quantistica (il confine tra Via Emilia Ponente e Via Saffi).



La Banca Interprovinciale appare solo a certe ore del giorno, sempre in seguito a motivi quantistici. A parte questo, non esiste, e del resto il bambino della foto lo hanno affidato ai servizi sociali.



Si nota che mi sto gradualmente avvicinando a un non-luogo.



Ogni tanto incontri un edificio che sembra che qualcuno lo abbia pensato.



La visuale si apre grazie a un parcheggio con vista a San Luca.



Un angolo caratteristico.



E' la seconda volta in vita mia che mi trovo a pochi metri da un gruppo di delfini che nuota.



Andrea Pazienza visse per lungo tempo qui. Di fianco si trova una sala di slot machine.



Il fiume è gonfio d'acqua. A destra dopo il ponte inizia Via del Triunvirato, dalla quale un bel giorno d'estate partì per l'Olanda con un'auto color celeste.



Un gioco di balconi.



I bidoni, a pensarci bene, sono un elemento ricorrente della città e le danno un certo ritmo estetico.



Si passa sotto la ferrovia.

All'università frequentai un corso in sociologia, e una ricercatrice, tale Pina Lalli, tenne alcune lezioni. Ci parlò di un suo studio sui francesi che andavano nei grandi centri commerciali. Nel tragitto verso quei non-luoghi, per rimarcare il distacco, quasi ritualmente si fermavano in un bar a bere qualcosa. Io dell'università non ricordo molto le lezioni, ma ricordo bene tutti gli aneddoti che ci raccontarono a lezione.

Anch'io, come i francesi, prima di recarmi in un non-luogo mi fermo al bar.



Ho fatto colazione. Il gatto della fortuna l'ho messo io sul tavolo per comporre la foto, che se ci guardate bene è piena di elementi interessanti.



Altrimenti, il posto normale del gatto è a fianco degli accendini con le donne nude. La zampa funziona.



E così sono arrivato in aeroporto.

Di solito quel che scrivo qui contiene una qualche verità profonda. In questo caso, le morali sono addirittura due:

Primo: si può essere turisti sempre. Certo, è particolarmente facile e piacevole quando, come me, si ha la fortuna di vivere in una città d'arte.

Secondo: all'aeroporto ci si arriva facilmente a piedi.

Molte cose chiarisco, ma nel gettar luce talvolta appaiono, prima oscurate, domande ulteriori. Per esempio, la foto sotto è un ritaglio di asfalto del piccolo parcheggio che si trova a pochi metri dall'entrata "partenze" dell'aeroporto. Davvero a due passi. Non ha una spiegazione univoca, insomma, pone una domanda che lascio in sospeso.



Nessun commento:

Posta un commento