Questo è il lago di Barrea: vi siamo arrivati circa a metà settimana. Non è mia la foto, come quasi tutte quelle che seguono. I due José del gruppo (Pepe de Díos, e Carrasocsa Moreno) sono molto più bravi di me. Se cliccate su una foto, diventa più grande e sprizza tutto il suo splendore.
Oltre a loro, nella spedizione
Apeninos 2016, c'era Antonio Barros, Alfonso Lasso, Bernabé Rico, Enrique Zejalbo Martín, Consuelo e Marco Giansante, e Marco Bertamini. E io, nel parco nazionale d'Abruzzo.
All'aeroporto di Bologna ho raccolto Marco B., che volava da Liverpool. Marco è il mio psicoterapeuta da quasi trent'anni. A giudicare dai risultati, è un incapace integrale. Fece anche parte dell'equipaggio del Moro di Venezia Ombra, la barca che pilotai nella baia di San Diego, nel tentativo di speronare il vero Moro di Venezia (c'è un
fondo di verità).
Ci siamo fermati in spiaggia a Roseto degli Abruzzi, e abbiamo fatto un bagno con Consuelo e col piccolo Marco, che anche lui è una mia vittima. Con loro ci siamo diretti al luogo di convergenza dei diversi capitoli di Correcaminos: Ortona dei Marsi.
Quando siamo arrivati, il capitolo spagnolo era già là. Qui si vede José e Antonio, e a sinistra, Franco e Angela, che ci hanno ospitato al
B&B Milonia. Andateci, noi ci siamo stati benissimo.
Un Antonio pensieroso.
Una foto di gruppo la mattina successiva, di quelle che si fanno, in gita.
Il punto di partenza della prima giornata di cammino era più a sud, in questo paese che si chiama Bisegna.
Un scritta così ti infonde coraggio, e ti fa capire che hai scelto davvero il luogo giusto, per misurarti con le forze ostili in agguato sul cammino.
Siccome era il 21 giugno, ogni tre per due incontravamo una banda che suonava in onore di San Giovanni. Da quelle parti ci credono molto, a San Giovanni.
Le forze ostili non si son fatte vedere da subito, e anzi, all'inizio sembrava un'allegra scampagnata.
Poi c'è stato un rannuvolamento, di forze ostili.
Alfonso ha un cappello da cowboy che francamente toglie serietà al difficile momento qui rappresentato.
E questo è stato il primo giorno.
Ventinove chilometri, un anello con ritorno a Bisegna.
Da lì siamo andati a Opi, dove ci siamo fermati due notti.
Opi è il paesino che si vede dietro la testa mia e di José.
O se preferite, sopra l'ombrello di Antonio.
E tutt'attorno a Marco. E' uno di quei paesi perfetti che si trovano in Italia, malgrado noi.
Dimenticavo: questi sono José e Alfonso. Dietro a loro, si intravede Opi.
Abbiamo incontrato degli animali molto cornuti.
Siamo saliti sul Monte Marsicano, 2245 metri. Mi pare che sia il secondo più alto del parco.
Una salita brutale. La prima parte, in faggeta.
Scuro, nuvole, un po' di pioggia. Io mi impaurisco sempre, quando in montagna fa brutto. Ho paura dei fulmini.
Qui ero già più tranquillo.
Lo "spirito correcamino" è un sentimento che ti porta fuori strada. Apri una mappa per giustificare una scelta che dentro di te hai gia preso: "andare di là". Di là dove? In mezzo a un bosco impenetrabile, giù a precipizio... non importa. Quel che importa, è che non vi sia sentiero. E così abbiam fatto, giù a precipizio per un canalone, e siamo arrivati prima a Pescasseroli, e poi tornati a Opi.
E' importante scrutare la mappa con attenzione, dibattere, e poi deliberare, facendo finta di avere le idee molto chiare.
A Opi, la sera c'era una festa e un concerto. L'ho detto che era San Giovanni. E così s'è conclusa la seconda giornata.
Ventisette chilometri, attorno ad Opi. Non tutti han partecipato, chiaro: purtroppo, c'è sempre chi si imbosca.
Perchè non si andava certo tutti insieme. Ognuno "a su bola", come si dice in spagnolo. Il terzo giorno ero con José Carrascosa e Marco Bertamini. Una camminata di trasferimento, da Opi a Civitella Alfedena, lungo una delle valli più belle del parco, per poi salire a un passo, e scendere per un'altra valle.
Questi siamo noi tre.
Dicevo, che abbiamo risalito una valle molto bella.
Ribadisco, era una bella valle.
Alla mia sinista si vede un'enorme sorgente, forse un fenomeno carsico, non so bene.
Marco era un po' provato.
Abbiamo pranzato coi piedi in un ruscello. Io, che all'igiene tengo moltissimo, ho fatto sette abluzioni.
Siamo arrivati a questo bivacco, dove saremmo tornati dopo pochi giorni, percorrendo un altro sentiero.
Qui c'è José che fa l'aeroplanino. A noi piace molto fare l'aeroplanino.
Infine siamo arrivati a Civitella, dove abbiamo fatto base per tre giorni.
Sembrava una gran impresa, ma alla fine, nel terzo giorno,
abbiamo camminato soltanto 21 chilometri.
Il quarto giorno, prima siamo andati alla Camosciara, e poi, abbiamo circumnavigato il lago di Barrea.
Abbiamo incontrato dei cavalli che erano carichi come dei muli.
Questo camoscio non l'ho visto io. Io in montagna non vedo mai animali. Penso sia una questione di odori, e mi evitano.
Neppure questi. José li ha visti, questi. E' lui che vede sempre gli animali, forse perché ha una pelle diversa.
Questa è la Camosciara.
Cascate, ambiente bucolico, insomma, per me è l'ideale.
Dopo tante cazzate, ci vuole una pausa di riflessione.
Di ritorno dalla Camosciara, ci siamo diretti verso il lago di Barrea, dove c'è una flottiglia di pedalò. Mi sono sentito a casa.
Ho solcato le acque.
Il paese di Barrea è questo. E' molto bello.
E' tutto perfetto.
Questa è la vista del lago, dal paese.
Così è stato il
quarto giorno, venticinque chilometri.
Il quinto giorno è stato più breve. Siamo tornati al bivacco sotto il Monte Capraro, ma per un cammino ben diverso.
Abbiamo raggiunto un lago prosciugato.
Ampi spazi silvestri.
Momenti di riposo e di deliberazione, prima di perdersi.
Ampie viste stupende.
Alcuni hanno rischiato la vita.
Per fare questa foto.
Questo sono io che, di fronte a tanta bellezza, allargo le braccia.
Solo
una quindicina di chilometri, ma ormai si era stanchi.
E così è finita: il 29 giugno, il capitolo iberico di Correcaminos si è diretto verso Roma. Io, con Marco, verso l'Adriatico.
Ci siam fermmati, sul ponte, noi e la Dacia Rossa.
E i ricordi si fan sfumati, e avanzano delle foto che non so bene dove collocare, e allora le inserisco, scombinate, qui di seguito.
José ha una passione per fotografare animali che si riproducono. Bah.
Questa sembra di Robert Capa.
Alfonso e gli ampi spazi.
Le tonalità del verde, in giugno.
Gli alberi, che a volte, per davvero, sarebbero da abbracciare.
L'orso?
Un'intellettuale in alta quota.
Nuvole a bassa quota.
E alla fine, tante chiacchiere tra amici: così è stato
Apeninos 2016, appuntamento annuale, che segue le edizioni precedenti (la prima fu nel 2009), e precede le numerose future.