martedì 6 dicembre 2016

Vinciamo largo



Mi pare che un buon commento sull'esito del referendum sia questo, di Luigi Zingales. Buono, nel senso che lo condivido.

Riguardo all'esperienza del governo Renzi, a me è sempre parso che non sia stata di rottura, ma solo un more of the same esasperato e quasi drogato. Il suo rilanciare continuo è figlio di quel "governare per annuncio" al quale eravamo da lungo tempo assuefatti, concausa, e al tempo stesso risultato, della delegittimazione della classe politica. La sua impazienza volontaristica ha privilegiato le scorciatoie, che non funzionano mai, rispetto al lavoro di medio-lungo periodo all'interno dell'amministrazione, che solo può permettere di fare passi in avanti. Due esempi per tutti: le cattedre Natta all'Università, e la task force di Diego Piacentini (quanto inglese inutile, in questo governo!) alla digitalizzazione. E il botto finale, l'insensato referendum, altro non è stata se non l'apoteosi dell'eterna "retorica della riforma" - dal titolo di un pamphlet del '94 di Gambetta e Warren.

Rispetto il punto di vista di tanti amici che han votato "si" e che si considerano - loro, e non noi - gli alfieri del cambiamento. Ma non sono d'accordo. Il cambiamento è sempre questione complessa, ed è vero che non si vedono all'orizzonte coalizioni che abbiano una qualche chance in questo senso. Ma quello di Renzi, del cambiamento è stato solo un simulacro, che nei fatti ha incancrenito ulteriormente certe pratiche ed illusioni di cui invece dovremmo liberarci.

L'immagine in alto, esempio di comunicazione futilmente "sparata", l'avevo tenuta, negli ultimi insopportabili giorni di campagna elettorale, in attesa di tempi migliori.

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