mercoledì 11 gennaio 2012

Rubinetti narrativi (a la Duchamp)


L'altro giorno stavo andando su e giù per il portico di San Luca. San Luca è frequentata da credenti, o nella religione, o nella corsa. Io correvo, ma ho fede nel concetto di serendipity, per cui non escludo, salendo e scendendo e quindi ripetutamente toccando col piede destro il cancello d'entrata al santuario, di sperimentare prima o poi l'esperienza tantrica dell'estasi multipla.

Per farla breve, salendo e scendendo pensavo a che messaggio inviare a un plotone di studenti volontamasochistici che hanno scritto una "tesina" non obbligatoria. Le vette endorfinico-collinari mi hanno ispirato quel che segue. Si tratta di un breve testo composto da rubinetto, minipimer, soldati che occupano una fossa indifendible, e l'urinatoio di Duchamp (foto), che non è citato ma è sempre implicitamente presente.

Scrivere bene

Scrivere bene è una questione di talento, ma con l'esercizio e con l'autodisciplina si può migliorare. Il talento non basta: l'autodisciplina e la ricerca del rigore sono essenziali. Provo ad illustrarvelo con tre metafore.

Il testo scritto come opera ingegneristica

Immaginate un'automobile dal cui cruscotto sbuca un rubinetto. La fiancata ha appeso un tappeto marocchino, al posto dello specchietto retrovisore c'è un minipimer, e nel bagagliaio è incastonato un lavandino. Osservando una tale automobile, immediatamente vi convincete che l'ingegnere progettista è incapace, o dedito al consumo di sostanze illegali. Condividiamo infatti l'idea che, in un'automobile legittima, certe parti "c'entrano", e altre sarebbero superflue. Per che fine? Per perseguire il fine dell'automobile, che non è lavarsi le mani, stendersi su un tappeto, o preparare un passato di verdure.

Talvolta, leggendo certi scritti, pare di osservare l'automobile con rubinetto, tappeto e minipimer. E allora, quando scrivete, ragionate come un buon ingegnere: che cosa state costruendo, e per perseguire quale obiettivo? Prima di inserire una parte, o anche solo una frase, domandatevi sempre: è essenziale per la vostra costruzione, o è un rubinetto che esce dal cruscotto?

Il testo come teorema

Immaginate di leggere la dimostrazione di un teorema. Ogni parte è necessaria e indispensabile e ogni conclusione deriva da premesse. Domandatevi: il mio scritto risponde allo stesso criterio? Leggetelo frase per frase, e identificate i legami logici. Reggono? O vi sono dei non-sequitur?

Il testo come campagna militare, il lettore come nemico

Siete un generale e dovete disporre le vostre truppe. Il nemico può sbucar fuori ovunque, anche perché, ovviamente, voi siete uno scrittore paranoico. E' indispensabile predisporre bene la difesa per non prestare il fianco ad attacchi. Per questo, le truppe devono essere ben disposte e preparate.

Fuor di metafora, il vostro lettore è (anche) il vostro nemico. Desidera attaccarvi smontando le vostre argomentazioni, che sono le vostre difese. Magari proditoriamente, aprendosi un varco nell'unico fronte mal difeso. Vostro dovere è avere una cognizione chiara del territorio (argomentativo) in cui operate e di come in esso vi possiate difendere. Per ogni attacco, dovete pensare preventivamente al contrattacco. Inoltre, non dovete occupare territori che non hanno un significato strategico o tattico: evitando ogni argomentazione non indispensabile all'interno della vostra narrativa (di nuovo: i rubinetti che sbucano dal cruscotto, o i pezzi di teorema inutili), per presentare verso l'esterno una superfice d'attacco per quanto possibile ridotta nelle dimensioni e solida nella sostanza.

Per ottenere questi risultati, è importante l'esercizio e l'autodisciplina.

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