Sono reduce da una riunione. Allo scoccare della seconda ora ho piegato il foglio con i "carichi didattici" e ne ho fatto un aeroplanino. Costruire un aeroplanino di carta è un atto solenne perché sono fedele al modello che mi insegnò mio padre. Stavamo agonizzando: il presidente non aveva un'idea di come si conduce una riunione (le riunioni si dovrebbero preparare, o no), e io soffrivo per solidarietà con la Riunione. Forse non riesco a prestare attenzione perché il mio ADHD è peggiorato. Io non ho ADHD, ma negli Stati Uniti senza non sei nessuno, e siccome le nostre riunioni sembrano "un americano a Roma" con Alberto Sordi, allora perché dovrei essere da meno. Il mio ultimo atto è stato il lancio dell'aeroplanino, verso l'alto, a mirare il centro dell'affresco del soffitto. Ha disegnato una curva elegante, planando subito dietro la testa dell'ex-decano. L'ex-decano mi ha sorriso: i giovani non sono meglio dei vecchi.
La Riunione conferma la mia teoria. Se fossimo disoccupati avremmo tanto tempo a disposizione, e considerato che abbiamo dei neuroni ipertrofici in testa per fare dei danni seri, segue che si è sviluppata un'istituzione (l'università) per assegnarci una parvenza di ruolo sociale e insomma per tenerci lontano dalla strada. Tra noi, chi costruirebbe bombe; altri, aerei-droni che portano le bombe, e noi scienziati sociali organizzeremmo la rivoluzione. Un sottoinsieme di veri disperati, poi, farebbe le stime econometriche per valutare gli effetti di tutte queste azioni.
Vi è chiaro ora? L'università è quell'istituzione che esiste per togliere dalla strada una classe di individui che, se lasciata a se stessa e senza la convinzione di far parte della Classe Dirigente, farebbe dei danni seri. Noi accademici teniamo in scacco la società, perché siamo in grado di pregiudicarne il funzionamento. Siamo dei terroristi inconsapevoli, e per nostra fortuna il consesso umano ha deciso di trattare ed è venuto a patti: ci dà uno stipendio a fine mese, e ci chiama Professore, che a noi piace.
Si tratta di uno schema complesso e articolato, perché l'università costa molto e per questo si giustifica soltanto grazie a un alibi multiplo. In particolare, ci servono gli studenti. Per questo, è passato il messaggio che l'università insegna, ci siamo inventati materie astruse e le abbiamo dipinte come utili - un esempio per tutti: ho un collega che insegna "econometria applicata". Dico, già il nome dovrebbe bastare, ma la credulità non ha limiti.
Che dei giovani perdano il loro tempo in questo modo, invece di farsi le loro esperienze nel mondo reale (che so, andando in India o pascolando per i coffee shop di Amsterdam) rappresenta un costo sociale ulteriore che si somma ai nostri stipendi, uffici e laboratori. Ma così anche loro entrano nel grande disegno, e contribuiscono a questa ammirevole costruzione che è l'accademia. Anche molti studenti che ho conosciuto, e che ho sentito a me vicini, del resto, forse è meglio tenerli lontani dalla strada.
In più occasioni ho esposto ai miei colleghi la mia teoria dell'accademia come terapia occupazionale. L'hanno accolta freddamente e con fastidio. Rispetto le loro opinioni e penso di capire le ragioni intime del loro imbarazzo. Ma se qualcuno di loro incappasse in questo blog, se a qualcuno di loro capitasse di leggere questo mio scritto... per favore, non prendetevela. Non pensate "ma chi è questo, che ci guarda dall'alto al basso". Sono dei vostri: laurea, dottorato, concorsi. Sono come voi, e da una parte all'altra della tendina della doccia ci capiamo benissimo.
PS. 3 febbraio 2021: un punto di visa simile si trova in "Stoner" di John Williams.
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