venerdì 29 maggio 2020

The Big Lockdown of 2020


Ieri ho visitato una libreria che si trova in Via Mascarerella. Fu dove venne trascinato il corpo di Francesco Lorusso morente in quel tragico marzo del 1977. Verificando il ricordo di quel fatto ho scoperto che con Lorusso era presente anche tale Beppe Ramina. Ero studente quando venne a intervistarmi a casa: lavorava per Radio Città del Capo e grazie a quell'intervista vinsi un biglietto per un concerto di Zyggy Marley, figlio di. Mi fermo, perché non era questo che volevo scrivere. Solo aggiungo che la libreria che ho visitato ieri sera, prima di un aperitivo lì a fianco, è bella e vi tornerò con più calma.

Ma la storia è importante, e forse per l'ispirazione del luogo, mentre bevevo ho sostenuto che ognuno dovrebbe scrivere un paragrafo (non di più) su come ha reagito al lockdown. Chi poteva prevedere come avrebbe affrontato un evento epocale che non ci eravamo mai immaginati concretamente? Insieme, tutti quei paragrafi racconterebbero sia di ciascuno di noi, sia di tutti noi.

A me per rispondere bastano due righe: "ho osservato la mia vena anarchica non solo emergere, ma prender il controllo quasi fosse un dèmone" (qui). 

Siccome sono un tipo multimediale che non si ferma alle parole, ho anche prodotto un'opera artistica che riassume la mia "fase uno", e che pubblico ora a distanza di qualche settimana e avendo superato una certa forma di pudore al riguardo. Raffigura la distanza percorsa e il dislivello accumulato, dato che correvo e camminavo in collina. Nelle mie fantasie, ovviamente, che chi mi conosce, conosce come lussureggianti.

E' un esempio di arte concettuale, in cui l'aspetto grafico e performativo si fondono in una sintesi - ovviamente solamente immaginata e onirica - di cui sono (come si capisce) molto orgoglioso. E vi è anche un giudizio politico, perché ogni pandemia è inevitabilmente politica.

Avevo messo in preventivo un paio di multe, ma mi è andata bene: in otto settimane ho risparmiato circa 25 mila Euro (anche loro onirici e come del Monopoli). Il giorno in cui mi fermò una pattuglia di una nota amministrazione statale, mentre correvo, finì in chiacchiere.  Anzi, si produsse un aneddoto certamente immaginario, ma non per questo mene divertente e istruttivo, che però solo riferisco su richiesta e oralmente. 

Con la pandemia ho chiuso: questa è sintesi, riassunto e conclusione, e passiamo ad altro - o almeno, proviamoci (anche se lei, la pandemia, rimarrà). Qui sotto, un elenco di quel che ne ho scritto, cercando lucidità, che è qualità particolarmente elusiva osservando qualcosa che forse un po' vagamente mi sentivo - c'erano segnali, d'accordo? - ma che certo non posso vantarmi d'aver previsto.

In: Se tutti facessero come te (19 marzo) inizio ad affrontare il problema del coordinamento e dei modelli alternativi a una domesticità ossessiva.

In: Abbiamo un problema coi dati (20 marzo), Il “modello ping-pong”: perché col coronavirus stiamo sbagliando (21 marzo) e Mito e cerimonia ai tempi del coronavirus si legge la mia critica al governo. Dopo due mesi la riscriverei uguale.

Shifting Involvements (11 aprile) e Nobody ever notices such things (16 aprile) sono cronache dal sentiero Bologna-Taranto.

In Il lockdown del 2020 (4 maggio) l'inversione della "fase 1" con la "2"; in Yogi Berra e il coronavirus (9 maggio), testimonio la fuga sui monti.

C'è giusto un'altra questione che avrei voluto affrontare: il significato di purificazione rituale (un po' nello spirito del Purity and Danger di Mary Douglas) dell'"Io resto a casa". Laddove, viceversa, un modello alternativo consiste nell'incamminarsi tutti lungo direttrici radiali divergenti. L'adempimento formale a una regola opera uno spiazzamento nei confronti del soddisfacimento delle esigenze espresse: è un tema che mi interessa anche per altri motivi. Ma ora non ho ne' il tempo ne' la voglia di occuparmene e nel caso, in futuro aggiornerò questa pagina riassuntiva.

Ma ora è il momento di proseguire oltre. Oltre Taranto, chessò.

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