mercoledì 29 febbraio 2012

I marziani / 2


Spero che il Manifesto chiuda, e con lui l'Unità e Europa. E in generale, tutte le pubblicazioni che ricevono i cosiddetti "contributi diretti" (questo l'elenco per il 2009).

Nel corso di economia dei media che insegno all'Università di Bologna insisto sul fatto che i media, e il pluralismo dei media, sono essenziali per la democrazia. Per questo, un intervento pubblico di sostegno a mio avviso non soltanto è giustificato, ma è doveroso. Ma la situazione attuale è insostenibile: Europa, per esempio, stampa 11 copie per venderne una (dati FIEG 2009, pg. 69). La legge attuale è fatta apposta per favorire chi già c'è, ed è per questo che nessuno dei referenti politici di Unità, Europa, eccetera, ha mai tentato di cambiarla. Vivacchano, ma tirano avanti, e mantengono attorno a loro il deserto. Sono un'espressione in più dell'Italia bloccata e dei nomi noti e immutabili. Rent seeking, come direbbero gli economisti.

Che questi giornali chiudano, allora. I marziani del PD (inter alia) magari capiranno che il gioco è finito e almeno per cinque salutari minuti considereranno le esigenze del paese, e non le innervature della loro capsula prossemica romana. E noi italiani non ammanicati con questo o con quel partito vedremo se questo paese è in grado di esprimere dei progetti editoriali più avanzati della solita pappa fritta e rifritta di Unità, Manifesto, Europa, eccetera.

Detto con rispetto per chi in quei giornali lavora, ma non vedo perché, in nome del pluralismo, questi signori debbano tenere in ostaggio una parte importante del mercato editoriale e delle idee, bloccandone una possibile evoluzione.

La vignetta è apparsa l'altro giorno sull'ultimo numero di Público, quotidiano spagnolo, obbligato dalla crisi alla chiusura dell'edizione stampata. Il proprietario di Público è il gruppo spagnolo Mediapubli, che sta sul mercato. La mia solidarietà al giornale, ai lavoratori, e alle famiglie dei lavoratori.

1 commento:

  1. ciao Lucio,
    il ragionamento è inattaccabile, ma continuo a vedere un differenza fra il manifesto e gli altri.
    Non solo perché non si tratta di un giornale di partito - e i partiti si sono moltiplicati per 12 i finanziamenti dopo il referendum che li aboliva - ma soprattutto perché si tratta di una cooperativa di giornalista, e in certi casi la forma confina con la sostanza.

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