domenica 12 febbraio 2012

Terzo e ultimo


Si ebbe la discussione sulle valutazioni degli studenti. Io portavo ingenue idee americane ed ero favorevole: nella mia università per pochi dollari ti vendevano il "Cape" (ora su Web, con accesso riservato agli studenti), un libro dove per ogni professore trovavi il "gradimento". Fui redarguito da un collega d'allora, un trombone che da decenni pontifica su un quotidiano cerchiobottista - nessun rapporto con la foto in alto: il caldo torrido mi rende vittima di associazioni d'idee improprie. Perché gli studenti non sono in grado di giudicarci, perché è demagogia, perché e perché.

Alla fine i questionari degli studenti si fecero, ma all'italiana. All'Università di Bologna i risultati per ciascun corso sono visibili soltanto al docente interessato, al presidente del corso di laurea e penso al preside. And they couldn't care less.

La trasparenza e i cosiddetti open data sono una questione cruciale, e spinosa, perché mettendo tanti dati in circolazione se ne avrà anche una lettura impropria. Proprio per questo, un'istituzione forte dovrebbe esporre le sue ragioni al suo pubblico e, se lo ritiene, anche dargli torto. Per esempio, io rivendico il diritto, se e quando lo ritengo necessario, di rendermi antipatico ai miei studenti.

Tra un paio di mesi riceverò i risultati dei questionari che hanno compilato gli studenti dei miei tre corsi. Un fioretto: li pubblicherò su Web, e così negli anni a venire.

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