sabato 11 febbraio 2012

La gran macchina di San Luca


La strada era allora tutta sepolta tra due alte rive di neve, fangosa, solcata dalle rotaie profonde, che, dopo una tale nevicata, scavano le ruote cingolate dei SUV; e in certe parti più basse, s’allagava tutta, che si sarebbe potuto andarci in barca. A que’ passi, un piccol sentiero erto, in salita, indicava ad altri podisti che si poteva andare. Renzo, salito per un di que’ valichi sul terreno più elevato, vide quella gran macchina del santuario di San Luca sola sul colle, come se, non in cima al portico, ma sorgesse in un deserto; e si fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da lontano quell’ottava maraviglia, di cui aveva tanto sentito parlare fin da bambino. Ma dopo qualche momento, voltandosi indietro, vide all’orizzonte quella cresta frastagliata di montagne, vide distinto e alto tra quelle il suo Resegone, si sentì tutto rimescolare il sangue, stette lì alquanto a guardar tristamente da quella parte, poi tristamente si voltò, e seguitò la sua strada. A poco a poco, discendendo lungo il portico, cominciò poi a scoprir campanili e le due torri e cupole e tetti; scese allora al Meloncello, camminò ancora qualche tempo, e quando s’accorse d’esser ben vicino alla città, s’accostò a un viandante, e, inchinatolo, con tutto quel garbo che seppe, gli disse: - di grazia, quel signore. - Che volete, bravo giovine?

Bene, tutto molto bello, però con questo l'argomento neve io l'ho esaurito. Che si sciolga in fretta e iniziamo a pensare se non all'estate, almeno alla primavera.

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